Siamo al quarto racconto, domani si chiude questa prima fase del corso di Scrittura di Laura Lepri
A volte non arriva altre sì, anche se raccontare una propria esperienza in alcuni casi può risultare più facile. Così mi è venuto spontaneo scrivere questo quarto racconto, intanto quello sulla vicina Laura pare sia andato bene.
Ricevere un’"abbastanza bene" da Laura Lepri non è da tutti i giorni; mi ha fatto felice ieri sera anche se poi la serata me la sono guastata alla pizza con il Sindaco di Scandale Fabio Brescia e il Consiglio Comunale.
Mi domando se sulla fronte credono, un po’ tutti, che io abbia scritto GIOCONDO.
Ma ancora non vi posso dire nulla, vi dirò dopo il Consiglio Comunale di Sabato 30 settembre.
Per fortuna stasera pizza con i colleghi del corso di Scrittura e sarà tutta un’altra cosa anche se Laura Lepri non ci sarà…
Intanto vi propongo il raccanto di oggi:
VALENTINA NON C’E’ PIU’
08.09.1996, Marco e lì sul letto… sta guardando un film sul vecchio 14 pollici in bianco e nero.
E’ una serata serena per Marco in un periodo non proprio felice per lui.
Nonostante il recente matrimonio con Vera, anticipato perché lei aspetta un bambino per fine settembre, e la non trascurabile gioia che ogni padre dovrebbe avere per l’imminente arrivo della primogenita, Marco sta male.
Ormai da anni, a fase alterne, soffre del mal di vivere, del Male Oscuro come lo ha definito qualcuno.
Ma stasera Marco è tranquillo: il film lo emoziona, lo fa sentire normale, come gli altri – quasi quasi si sente guarito, anche se sa che non è vero – mette in secondo piano la sua depressione.
Vera, invece, è in un’altra stanza; nonostante il pancione sta sistemando alcune cose nell’armadio.
E’ da poco passata la mezzanotte quando Vera entra nella camera da letto: “Marco ho perdite” gli dice.
“Cosa?” chiede Marco.
“Sì, perdo sangue” aggiunge Vera.
Nonostante l’ora tardi Marco prova a chiamare il ginecologo ma il cellulare è staccato e a casa non risponde.
“Andiamo in ospedale” dice spaventata Vera.
Ma Marco ha paura del mondo, ha paura di uscire, ha paura di vedere gente e tenta un: “Dai vedrai che non è nulla” ma poi si rende conto della grande stronzata detta e in 5 minuti sono già in macchina.
Il viaggio fino all’ospedale è costellato dalle paure di Vera e dalle ansie del marito che proprio non sa che dire e fare.
“Non la sento più Valentina (questo il nome deciso per la loro bimba), che succede Marco, che succede?”. Grida preoccupata Vera.
Nonostante tutto, Marco cerca di tranquillizzarla e i 20 chilometri che li separano dall’ospedale sembrano infiniti.
Arrivano.
Una carrozzina rapisce Vera dal marito che rimane solo, ancora più solo, fuori dalla porta del pronto soccorso.
Non rimane molto qui Vera, quasi subito viene accompagnata in sala parto mentre Marco, che vorrebbe andare a nascondersi chissà dove, si fa coraggio e cerca di sapere qualcosa da ogni camice bianco che vede passare.
Nel giro di pochi minuti arrivano all’ospedale i genitori di Marco e quelli di Vera, più altri parenti.
E’ notte.
L’ospedale sembra quasi in letargo; “L’anestesista è reperibile e deve arrivare”, dicono a Marco alcuni infermieri, non rinunciando ad un: “Non si preoccupi andrà tutto bene…”
E invece…
Ingresso della sala parto.
Vera dorme a causa dell’anestesia in una stanza del reparto; ma in un “cestino” c’è un fagottino bellissimo: è Valentina.
Ma non respira: è morta!
Capelli, tanti, scuri, occhietti chiusi ma quello che colpisce di più Marco sono i suoi piccoli pugni stretti.
“Chissà cosa avrà provato – si domanda papà Marco – avrà cercato di “uscire”… avrà supplicato aiuto mentre rimaneva senza fiato…”.
“Distacco di placenta – diranno medici – la bimba è morta a causa dell’emorragia, è già un miracolo se è viva la madre”.
“Bella consolazione – pensa Marco – non era stata quasi azzerata la mortalità infantile. Perché proprio a me. Non sto già soffrendo troppo per i miei problemi. Signore Signore perché mi hai abbandonato!”
I nonni maschi non ce l’hanno fatta ad entrare; vegliano il corpicino oltre a papà Marco, la nonna paterna Vittoria e quella materna Elisa.
“Tutta il padre” pensa nonna Vittoria ma non ha il coraggio di parlare.
Ma ci pensa nonna Elisa: “Marco di somiglia tantissimo e a tutti i lineamenti di mia figlia.
Ma Marco non la sente…
E’ lì a pochi centimetri da quel corpicino, da quella figlia tanto desiderata ma della quale, ultimamente, a causa del suo stato di salute, Marco non sentiva un gran sentimento.
Ultimamente Marco era apatico.
Ma non solo verso quel fiore in arrivo ma un po’ verso tutto: verso la moglie Vera, verso i genitori, verso gli amici (amici? “Gli amici non esistono – ripeteva spesso Marco – gli amici non ti abbandonano, gli amici ti stanno vicino, quali amici qui”).
Ora Marco è davanti alla sua bimba, erano mesi che non piaceva; non aveva buttato un lacrima nemmeno pochi mesi prima alla notizia della tragica morte in un incidente stradale di uno zio.
Ma non si può restare insensibile a quel batuffolino.
Marco le sfiora il viso, le accarezza i capelli, prende nelle sue manoni le piccole manine di Valentina, infila il suo indice tra le sue dita come per farselo stringere. Ma la mano di Valentina è immobile. La chiama, ripensa ai progetti, ai tanti progetti fatti prima che il male oscuro ripiombasse nella sua vita subito dopo febbraio; non ce la fa più… comincia a piangere, a singhiozzare come non aveva mai fatto prima…
Valentina non c’è più ma mamma Vera, alla quale per i primi giorni non viene detto nulla, sta meglio; una famiglia è nella disperazione per una giovane vita che non ha avuto nemmeno il tempo di vedere il cielo per un solo istante.
Un cielo che, quasi per dispetto, anche oggi 09 settembre 1999 è sempre più blu…
Rosario Rizzuto