NATALE DI IERI NATALE DI OGGI di Iginio Carvelli
NATALE DI IERI NATALE DI OGGI
La tradizione ha sempre accompagnato la vita di una comunità. Il Santo Natale, senza dubbio, rappresenta il momento in cui la tradizione assume un carattere particolare. Infatti è una festa che va oltre i confini puramente religiosi. E’ la festa che invita a scommettere sulla bontà di cuore e di sentimento. Chi di noi anziani non si ricorda bambino con la letterina di natale scritta ai genitori con la immancabile promessa di essere più buoni e più studiosi?
In Calabria, quando la povertà era diffusa a livello di lotta per l’esistenza, il clima natalizio favoriva la solidarietà. Chi aveva di più dava a quelli che avevano di meno. I più fortunati aprivano le porte di casa ai meno fortunati per regalare loro un pezzo di pane e di companatico. La festa di natale così apparteneva a tutti e poiché “trippa piena canta e no cammisa nova” era necessario che il pane non mancasse sul desco di ogni famiglia.
A Scandale la solidarietà aveva il suo rito. I bisognosi, nelle sere antecedenti il giorno di Natale, si recavano presso le case dei benestanti o delle famiglie meno povere e scioglievano un canto augurale. Riporto alcuni brani. “ Caru compari ti sugnu vinutu, li buoni festi ti li mandi Dia, Natale, Capodanno e Bifania. / Ammienzu sa casa penda nu zippuni a…(nome del capo famiglia) lu viju nu baruni. / Ammienzu a sa casa pende na lumera, a…(nome della moglie) la viju na bandera. / A mienzu sa casa penda na catina , a…(nome della figlia) a viju na regina”.
Terminata la parte augurale, si passava alla richiesta: “Sentu lu strusciu d lu ntavulatu, è ra patrona che pija u vuccillatu. / A ra cammisa mia nu’ c’è fadeddra, ija mi cuntientu ccu na pitticeddra. / A ra cammisa mia nun c’è puzinu, ija mi accuntentu ccu na buttigghja i vinu. / E faciti priestu e nun tardati cchiudi, ca di li friddu ndi si mora puri”.
Terminato il canto, il capo famiglia ringraziava per gli auguri di buone feste e brindando con un bicchiere di vino faceva dono agli ospiti di un pane e di un pezzo di salame. Il rito di questa genuina solidarietà si concludeva col canto “Tu scendi dalle stelle”.
Man mano che l’ondata del consumismo e del benessere si è fatta strada, sono aumentati gli egoismi umani e le indifferenze. Il Natale oggi è uno spazio enorme del mercato ed è sempre più invaso di panettoni e meno dell’umana solidarietà. Anche la grotta di Betlem con i suoi messaggi di pace rappresentata nei presepi, è stata sostituita completamente dall’albero di abete ricoperto da fili luccicanti e palline colorate. I poveri però non sono scomparsi. Sono sempre in mezzo a noi col volto delle nuove povertà. Tra queste, le solitudini di molti anziani, le emarginazioni di molti immigrati, le amarezze di tanti giovani senza lavoro.
Il mio vecchio parroco, don Renato Casentini, ora nella pace dei giusti, a proposito del Natale diceva: “Tutti abbiamo bisogno del Natale , di quello vero, diverso da quello del nostro tempo, che è stato stravolto, falsificato e svuotato.
Ma il natale vero torna per parlarci di pace, di persone e di amore, perché tutti abbiamo bisogno di un amico, di essere capiti, di essere amati. Il canto degli Angeli sveglia il sonno dei pastori mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, dimentichi di chi non ha nulla, neppure il giorno di Natale. Ho capito che pure io se voglio sentirmi gridare dal cielo: “pace a te fratello mio”, devo partire dagli ultimi, fare la loro scelta, convincermi che i poveri, i veri poveri, hanno sempre ragione anche quando hanno torto”.
Natale di ieri, Natale di oggi! Noi anziani che conosciamo l’uno e l’altro, abbiamo il dovere, con il nostro patrimonio di esperienza e di saggezza, di recuperare nei nostri ambienti familiari, i valori antichi del Natale, valori sempre attuali che possono guidare i nostri figli e nipoti nei sentieri dell’umana solidarietà.
Iginio Carvelli