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Marco e Cristina, così per far passare la notte…

"Perchè non scendi?" disse Marco a Cristina nella finestrella "verde" di Facebook.
"A quest'ora? Ma sono le 04,00. Come faccio?"

In una delle sue tanti notti al pc Marco vedendo accesa la chat della sua amica Cristina aveva provato a tentare una mossa spiazzante, diversa dal solito approccio.

Marco era segretamente innamorato, o, forse, sarebbe il caso di dire preso dalla bella Cristina, intrigante diciassettenne sua paesana.

"Dai, esci piano piano, aspettami in giardino, lascia aperta la porticina sul retro, parcheggio un po' distante e ti raggiungo a piedi, dai parliamo un po', mi dà noia sempre con questa chat! E poi con sto caldo!!!".

"Maaaa…".

Marco non aspettò la risposta dell'amica, ma chiuse la chat ed incrociò le dita della mano sinistra.

"Tanto che ci perdo!" penso tra sè…

Marco di anni, invece, ne ha 28, informatico in una ditta, single, non bellissimo ma attraente, un tipo come si dice di chi non è proprio un'adone ma che allo stesso tempo fa la sua figura e soprattutto ci sa fare!

In 5 minuti si infila i pantaloncini e la solita maglietta, scende nel cortile, dà una carezza al suo cane Rusty che gli è corso incontro e sale sulla sua Lancia Ypsilon dove, appena gira la chiave, è insano dalle belle note proveniti dalla sua stazione radio preferita, Rtl 102,5.

La casa di Cristina dista solo qualche centinaio di metri dalla sua, Marco parcheggia vicino la fontana, sorseggia con gusto un po' di quell'acqua fresca, che scorre senza soluzione di continuità 24 su 24, e si avvia verso la casa desiderata.

Dopo pochi metri imbocca una stradina di campagna che costeggia il giardino dell'amica ed arriva all'agognata porta.

Nella sua mente passa di tutto: "Avrà aperto!? O magari si è messa a dormire…".

Nel buio della notte avvicina lentamente quasi come si fosse al rallentatore, la mano sinistra verso la porta: SI APRE!!!

….


Cari amici, l'obiettivo che mi ero prefisso cioè passare qualche minuto di questa lunga notte l'ho raggiunto anche perchè ho fatto anche altro intanto, ma ditemi, vi è piaciuto questo inizio di racconto?
E' il caso di continuarlo? Siete curiosi di sapere cosa succederà tra Marco e Cristina, sempre se succederà qualcosa. O magari volete voi continuare la storia così da realizare un racconto aperto?
Fatemi sapere, i commenti sono aperti, liberi, gratuiti ed a Vostra disposizione: ne aspetto tanti!!!

Martha e Marco…

Distesa sulla spiaggia, Martha cerca di rilassarsi e dà un occhio al proprio bimbo Lino.
Il birbante, davvero un'impresa tenerlo fermo, gioca con un amichetto sulla battigia: si lanciano sabbia, si buttano in mare…

Martha è sola coi suoi pensieri e così, per distrarsi, chiama Marco.

Dai tutti facciamo così: quando ci sentiamo soli, quando abbiamo bisogno di una parola di conferto chiamiamo gli amici oppure quando vogliamo dir loro di un nostro trionfo o abbiamo qualcosa da chieder loro!

In ogni telefonata c'è un peccato di egoismo, (quasi) mai di altruismo…

"Buongiornooooo… che fai?"

"Ciao Tesoro mio, sono in spiaggia solo come un cane, come sempre, Tu?"

"Al mare con Lino".

La conversazione si potrae per almeno 30 minuti: Martha ha disteso i nervi favoleggiando su i suoi amori, Marco, invece, è più solo di prima, confuso tra i suoi pensieri per un'amica che è solo amica quando lui vorrebbe diventasse qualcosa di più.
Prende il pallone da beach volley, che è sempre con lui, e lo scaglia con forza verso il mare, si infila la maschera e, piangendo, si butta in mare per andare a riprenderselo…
"Non c'è alcuno in questa caletta, basterebbe poco, lasciarmi andare, togliermi la maschera e non pensarci più!!! E' sempre la stessa storia, quando per un motivo quando per un altro. Non ce la faccio più…".

Marco chiude gli occhi e pensa, non toglie la maschera (ma davvero si può arrivare a pensare che valga la pena di farla finita per una stronza di donna???!!!), si tuffa verso il fondo, afferra un pugno di sabbia e la lascia cadere nell'acqua guardandola tornare verso il fondo. Sembra una cascata di lapilli. Marco ci passa di sotto, gli viene da sorridere. Si gira e rigira in acqua, sembra un delfino, quando torna in sè si accorge che il suo pallone ormai è andato, la corrente lo ha portato troppo lontano per le sue capacità nuotatorie; lo saluta con una mano col pensiero che possa andare a finire tra le mani di un futuro piccolo campiocino.
Magari tra le mani di Lino, al quale lui vuole un mondo di bene, il giorno dopo…

Chissà che reazione avrebbe il bimbo, nel leggervi sopra: "Martha Ti amo, sei la cosa più preziosa della mia vita"…

Chissà che reazione avrebbe Martha quando Lino le mostrerebbe il pallone…

Ma una cosa del genere non succede nemmeno nei film, figurarsi in questo angolo remoto della Calabria che sta cominciando a popolarsi di un turismo mordi e fuggi, di gente che arriva, ci osserva quasi come fossimo alieni e se ne ritorna a casa pensando come si faccia a parlare male di posti così belli, per poi ricominciare a parlare male della Calabria in giorno dopo in ufficio! "Noi ce l'abbiamo duro! Roma ladrona, due ministeri a Milano e via dicendo…".

Martha è di nuovo al telefono ma non con Marco, che intanto, tra un tuffo ed un altro, ogni tanto dà uno sguardo al suo ex pallone diventato ormai un puntino nella distesa azzurra e limpida di questo specchio di Mar Jonio… e non si è accorto che sulla "sua" spiaggia è arrivata una ragazza…

(… continua…)

Nottambulando… pensieri, emozioni, racconti, notizie, fatti!!!

Una poco più che leggera spolverata di neve su Scandale (ore 02,50); da avantieri che fiocca ma di "neve vera" poche tracce: sulle macchine, negli spigoli, sulla legna, poco di più!
Non ricordo due giorni di "neve continua" a Scandale ma nemmeno che non attecchisse come questa volta, pazienza!

Ieri sera, comunque, togliendola di sopra sopra dalle macchine, di casa sono riusciuto ad assaggiare quella cosa che è una delle cose che mi fa amare la neve, ossia la scirubetta, neve con vinocotto, un sapore subblime.


Come al solito ho esagerato, due tazzoni pieni e, forse, per quello che ora mi fa male la gola!

***

Alla fine ieri, nella pausa tra il turno mattutino e quello pomeridiano in ufficio, sono riusciuto a scrivere qualcosa in mia difesa in vista della discussione del deferimento della Procura Federale della Figc nei miei confronti.

Dopo aver letto, spero, tutte le mie spiegazioni nelle pagine del blog che a decine hanno stampato, questo mio compedio, nemmeno esaustivo, spero possa schiarire ancora di più le idee a chi dovrà giudicarmi a meno che la condonna da infliggermi non è stata già decise.
Spero che per una volta si ragioni sui fatti: io ho scritto alcune cose (in parte esagerate) oltre perchè non stavo benissimo anche perchè sono stato provocato dagli arbitraggi e dai comportamenti dell'arbitro Francesco Palmieri che, per esempio, ha prodotto un referto assolutamente falso come ho ampiamente dimostrato e solo per questo dovrebbe essere sospeso dall'arbitraggio anche di partite dell'oratorio!!!

Ma questo spero di poterlo dimostrare lunedì 20 Dicembre alle 15,30 davanti la Commissione Disciplinare sperando che non vada a finire come quando mi presentai, insieme a Domenico Sgarriglia, dopo i fatti di Torre Melissa, quando fu negata l'evidenza anche di un video!!!

***

Lei è lì ad un passo, il mio cuore fa bum bum come non accadeva da tempo dal vivo, è lì: la voglia di sfiorarLe la mano è tanta, ci provo con la scusa di prendere una carta…
Faccio l'indifferente, non mostro i miei sentimenti, come sono brave a fare le donne per far proprio un uomo, ma io non lo faccio per questo, non credo che Lei si possa mai innamorare di me, certo ci spero, ma X. non sarà mai mia… non si può!!!

***

Ieri mi sono addormentato presto così eccomi prestissimo al pc, ora sono bello carico, a parte il mal di gola, non stanco come ieri sera, ma dopo quasi 12 ore in ufficio ci poteva stare.
A quest'ora il Crotonese sarà già bello e stampato, per i nottambuli credo che già sia possibile trovarlo al bar Ip sotto il cavalciavia Nord; su questo numero ci sarà, ci dovrebbe essere, il programma delle manifestazioni natalizie che trovate anche sul blog e che spero tra poco di riuscire a pubblicare anche sul nuovo sito della Pro Loco.

Con l'uscita sul principale giornale della Provincia in molti sapranno come, quest'anno, sono state brave le Associazioni del paese a mettersi insieme e a preparare un calendario di eventi così bello, variegato e completo che, forse, non si era mai visto a Scandale. In qualità di Assessore alla Cultura, visto anche il modesto contributo che sono riusciuto a dare come Comune (e senza soldi, di solito, messe non se ne cantano!!!), volevo ringraziare tutti per l'impegno già profuso e per quello che metteranno per rendere queste feste indimenticabili!
Permettemi, non riesco proprio a tenermelo dentro, di ringraziare su tutti, l'irrefrenabile presidentessa della Pro Loco, Teresa De Paola: l'indomani e il giorno seguente aveva due esami (Te ma come sono andati? anche se non ho dubbi!!!) e lunedì pomeriggio fino a quasi le 19,00 era in tipografia a far preparare, praticamente sola, il manifesto delle manifestazioni che trovato affiso in giro per Scandale.
Grazie Terry!!! 
Buonanotte, anzi Buongiorno a tutti…

Via Cuffaro, votate votate votate…

Insomma oltre 15.000 vaffanculo all’ormai quasi ex governatore della Sicilia, anzi bisognerebbe fare in modo che Cuffaro non possa fregiarsi nemmeno di questo titolo nel suo curriculum.

Sul suo biglietto da visita potrebbe scrivere AMICO DEI MAFIOSI.

Facciamo in modo che vadano avanti solo le persone oneste, votate le due petizioni affinchè Cuffaro vada via e la Sicilia sia lasciata nelle mani di persone oneste come ce ne sono tante in Sicilia.

Dovevate sentire quanto era potetico Cuffaro stanotte (con i suoi corsi di addestramento politici con i democristiani: quanti danni!!!) su Radio Radicale!

VOTATE VOTATE VOTATE.

La Morte di Gina, il mio ultimo racconto per Laura Lepri

Ultimo mio racconto del Corso di Laura Lepri, sempre in versione originale e senza correzioni; in realtà durante la scorsa settimana ce n’è stato dato un’altro ma non sono riuscito a farlo.

In questo, che sto per postare, bisognava raccontare una situazione di pericolo e farlo sia al passato che al presente.

Aspetto commenti…

 La Morte di Gina (al passato)

di Rosario Rizzuto

“Taglia taglia”, disse Alberto a Gina intenta a preparare due piste di cocaina, “Fai presto che non resisto più”.
Gina divise le due dosi su due banconote da 100 euro e ne porse una al suo magnaccio.
Alberto inalò con gusto dopodichè si recò in bagno.
Pisciò, si lavò e tornò in camera dove intanto Gina, spogliatasi, si era distesa in tutto il suo splendore sul letto tondo.
“Staserà sei più bella del solito”, le disse, “ma mi sei già costata un casino perciò rivestiti e vai a lavorare, zoccola”.
Gina era la preferita di Alberto, che controllava un giro di almeno 25 donne, ma gli affari venivano prima.
Ci restò male ma Gina fu costretta ad ubbidire: Alberto già era pazzo in condizioni normali figurarsi dopo una pista di coca!
Così, mentre lui rimase a fumarsi una sigaretta, lei raggiunge il suo solito tratto di marciapiede ai semafori tra via Rocca e via Aldo Moro.
Il suo primo cliente non tardò ad arrivare: Gina era una gran bella donna, sui 40 anni portati benissimo e aveva un suo giro consolidato.
Lei lo conosceva: era l’autista dell’onorevole Ignazio in una Mercedes coi vetri oscurati; così senza esitazione si accomodò sui sedili posteriori.
Ma con grande sorpresa non c’era l’onorevole ma Sandrino, il boss del porto, che lei conosceva di vista.
“Stasera ti diverti con me” le disse mentre l’autista ripartì sgommando.
Sandrino cominciò a toccare le grazie di Gina che lo assecondava con gemiti di piacere ma ad un tratto l’autista fu costretto ad una brusca sterzata a causa di una macchina che voleva spingerli fuori strada.
La Mercedes fu costretta a fermarsi.
Gina, che aveva sbattuto con forza contro il finestrino, cercò di ricomporsi; Sandrino intuì che non poteva essere un incidente casuale e cercò di prendere la pistola che aveva sistemato nella tasca del sedile.
Tutto inutile, un gruppo di fuoco sceso da altre due macchine si avventò sulla Mercedes, bersagliandola con decine di colpi.
Gina non fece in tempo nemmeno a dire le sue ultime preghiere: morì in un lago di sangue.

La Morte di Gina (al presente)

di Rosario Rizzuto

Come spesso avviene, anche stasera Gina, prosperosa puttana calabrese, e Alberto, il suo magnaccio, si incontrano nella stanza di lui.
Gina sta preparando due piste di coca: Alberto aspetta la sua con trepidazione e la inala avidamente.
Gina dopo aver fatto lo stesso si spoglia e si sistema sul letto circolare.
“Dai vini qui con me” dice ad Alberto appena uscito dal bagno.
Lui si avvicina, la guarda, lei è la sua preferita tra le 25 donne che lavorano per lui, ma gli affari sono affari così, complice anche la droga, l’apostrofa in malo modo e la manda sul marciapiede.
Con tristezza Gina raggiunge il suo angolino, ai semafori tra via Aldo Moro e via Rocca, dove ogni sera vende il suo corpo.
Poco dopo arriva una Mercedes e lei riconosce subito l’autista dell’onorevole Ignazio così senza esitazione entra in macchina.
Ma ad aspettarla c’è invece Sandrino un capomafia che le fa capire che stasera dovrà spegnere i suoi di bollori.
“Quanto sei bona” le dice il boss toccandola dappertutto mentre lei lo asseconda con gemiti e tanta passione.
Finchè l’autista non è costretto ad una brusca manovra a causa di un’altra macchina che tenta di mandarli fuori strada.
Gina sbatte contro il vetro e terrorizzata dalla paura chiede: “Che succede, che succede?”, Sandrino intuisce di essere in pericolo e tenta di prendere la pistola che aveva sistemato nella tasca del sedile ma non fa in tempo perchè da altre due macchine scendono almeno in cinque che fanno fuoco sulla Mercedes da tutte le angolazioni.
Gina si rannicchia nella macchina ma sotto tutto questo fuoco c’è davvero poco da fare.
Muoiono tutti e tre.
Intanto sul letto tondo Alberto guarda la tv, si accende la ventesima sigaretta e sogna il suo prossimo incontro con Gina.
Ma Gina non c’è più!

Tra impegni vari ecco un mio racconto per il corso di scrittura

Sono davvero imperdonabile ma credetemi in questi giorni non ho proprio avuto la forza di collegarmi, con tempo, al blog; stasera finisce il corso di scrittura di Laura Lepri, e chiudiamo col botto visto che sarà con noi lo scrittore siciliano Ottavio Cappellani, quindi la prossima settimana, fino alla partenza per la Germania (poi vi dirò), dovrei essere più libero.

Nell’attesa vi lascio, nella versione originale e quindi senza le correzioni di Laura Lepri (non ho tempo per farle), il primo dei racconti che ho fatto nei giorni scorsi come compito per casa.

Laura Lepri lo ha giudicato buono, spero piaccia anche a voi…

 Adolfo e i partigiani

di Rosario Rizzuto

Adolfo – mi disse mio fratello, il maresciallo Enzo De Miglio – chiama i tuoi compagni Nicola, Massimo, Giuseppe e venite a rapporto da me”.

Preparatevi – ci disse una volta arrivati – bisogna scendere a Pordenone, in località Vallenoncello, ci è arrivata notizia che nella casa vicino la chiesa ci sono armi: devono essere nostre!”.

Da qualche mese io ed un gruppo di partigiani eravamo accampati su Monte Cavallo per sfuggire ai fascisti e ai nazisti.

Ci preparammo con cura e all’imbrunire ci avviammo.

Ci aspettava un tratto a piedi, poi avremmo percorso alcune decine di chilometri in un camion per poi entrare nel paese sempre a piedi.

La paura di incontrare i militari tedeschi, che ancora spadroneggiavano in questa regione, era tanta. Riuscimmo a trovare la casa, ma le armi presenti non erano tante.

Mettemmo quelle che c’erano in un sacco e ci avviamo all’appuntamento con il nostro compagno rimasto sul camion.

Ma, all’improvviso, da dietro una casa, spuntarono otto tedeschi con il mitra puntato.

Nicola, coperto dalle tenebre, fece in tempo a buttare il sacco con le armi nel fiume sottostante mentre i nazisti avvicinatisi ci dissero parole a noi incomprensibili e cominciarono a perquisirci.

Nemmeno loro erano molto tranquilli perchè era abitudine che i partigiani girassero a gruppi e quindi ebbero paura che alle nostre spalle ci fossero altri compagni e quindi ci lasciarono andare.

La missione era fallita ma almeno avevamo salvata la pelle.

Alcuni giorni dopo mentre stavamo per mangiare, cominciammo a sentire degli spari; prendemmo tutti le nostre armi e ci sistemammo ai lati della trincea.

Un gruppo di tedeschi era riuscito a localizzarci e stavano cercando di arrivare al campo; la nostra reazione fu veemente e riuscimmo a respingerli ma ci furono alcune perdite tra i nostri soldati.

Grande fu la nostra sorpresa quando, calmatesi le acque, scendemmo nella postazione dove erano stati i tedeschi: c’era tanto sangue ma nessun corpo. Non era possibile.

Solo dopo alcune ore un nostro compagno, attirato da una maglietta, scoprì, nascoste da foglie, rami e terra, una profonda buca all’interno della quale trovammo ben 35 soldati tedeschi morti.

Di certo una buca preparata prima per non mostrare la vergogna delle eventuali perdite!

[...] Alcune settimane dopo mio fratello Enzo si trovava in una casa che aveva preso in fitto e nella quale abitava la moglie quando all’improvviso entrarono i tedeschi.

In queste loro spedizioni punitive loro uccidevano uno degli uomini presenti, portavano via gli altri uomini e, dopo aver rubato il rubabile, davano fuoco alla casa.

Nel giro di pochi minuti un nipote della proprietaria della casa era stato ucciso, mio fratello insieme con altri familiari era già su un camion per essere portato in un campo di concentramento e mia cognata e gli altri erano rimasti senza nulla e senza casa.

Per mesi non avemmo notizie del nostro maresciallo, di mio fratello, che sapevamo essere stato portato nel campo di lavoro di Mauthausen, in Austria.

La preoccupazione per la sua sorte era tanta ma noi dovevamo continuare la nostra battaglia contro i tedeschi e i fascisti.

Finchè una notte fui svegliato dal flebile richiamo di una voce, pensavo di star sognando ma aprendogli occhi vidi il corpo martoriato, il viso tumefatto di mio fratello Enzo, tornato, insieme a poche altre, persone dall’Austria.

Il suo primo pensiero, dopo esserci abbracciati forte, fu la moglie Vanda, dalla quale lo accompagnai nonostante fosse notte fonda e lei dormiva da alcuni contadini della zona.

Chiamala tu”, mi disse.

Entrai in casa, mi feci riconoscere ma non ci fu nemmeno bisogno di parlare, lei capì subito e pronunciò una sola parola: “Enzo!!!”

Muori bastardo!!!

L’ultimo racconto scritto per il corso di scrittura di Laura Lepri: bisognava descrivere un personaggio e poi scriverne un racconto…

 Il trasferimento di Marco

di Rosario Rizzuto

Il mio personaggio si chiama Marco Rizzo ha 32 anni e vive a Crotone in Calabria.

E’ alto 1 metro e 78 centimetri, longilineo, capelli scuri (ma comincia a farli bianchi) non molto numerosi, stempiato.

E’ sposato da 13 anni con Daniela, donna paziente e dedita alla casa.

Hanno due figli: Alessia signorinella di 12 anni che frequenta la seconda media e il piccolo Luigi, 4 anni, al secondo anno della Scuola dell’Infanzia.

Daniela ha lasciato il lavoro di cassiera in un supermercato all’arrivo del secondogenito che aveva bisogno di maggiori attenzioni.

Dopo questa scelta in famiglia si è dovuta tirare un po’ la cinghia ma non si sono mai pentiti della scelta fatta e ora che Luigi sta meglio…

Marco è una persona con un carattere altalenante, capace di passare da fasi di profonda solitudine e silenzio a fasi di accesa euforia, periodo in cui diventa loquace, irresistibile, amicone, desideroso di cambiare il mondo.

Amante della giustizia, desideroso di aiutare le persone deboli ed in difficoltà; odia i furbi, le persone cattive e coloro che usano la propria posizione per sottomettere il prossimo.

Ama il mare più della montagna, nonostante sia nato a Crotone non è che sappia nuotare proprio benissimo ma di contro gli sci non li saprebbe nemmeno indossare.

Marco lavora come Collaboratore Scolastico presso una delle più grandi scuole superiori di Crotone, a tempo perso, e dopo che la moglie si è dedicata alla famiglia, quando è libero dalla scuola o la domenica si dedica a piccoli lavori di giardinaggio o aiuta un cugino nella consegna e nel montaggio di mobili.

A scuola e benvoluto quasi da tutti, certo le sue manie di giustizia, uguaglianza non sono ben accette da chi considera la scuola una proprietà privata e con questi tipi spesso ha avuto violenti alterchi.

********

“Marco, Marco, hai letto l’ultima circolare del Preside” disse Vincenzo vedendo entrare il proprio collega.

“Fammi prima firmare” rise Vincenzo all’amico dandogli un buffetto sulla spalla.

Marco e Vincenzo lavoravano insieme, come collaboratori, presso la segreteria del Liceo Pedagogico.

Ma appena Vincenzo ebbe tra le mani quel foglio il suo riso divenne amaro: il Preside o meglio il Dirigente Scolastico, Dott. Alberto De Tursi, aveva disposto che Vincenzo, dopo 5 anni di servizio presso la sede principale dove c’erano i locali della segreteria, doveva spostarsi nel plesso distaccato di località San Francesco.

“Ma come, ma perché?”, si cominciò a chiedere Vincenzo, “che ho fatto di male?”.

Il rapporto tra Vincenzo e il Dirigente Scolastico l’anno prima, quando De Tursi era arrivato al Liceo, era stato buono ma l’inizio di questo nuovo anno scolastico, forse a causa dell’arrivo della nuova segretaria, era stato drammatico.

Lei, la nuova segretaria, Michela Bastone, era una donna cattiva, senza scrupoli e proprio non riusciva a sopportare l’umanità e la bontà di Marco e aveva cercato ogni scusa, ogni modo per farlo alterare e farlo cadere nelle sue trappole provocandolo per avere, poi, un motivo per farlo spostare.

Ma considerato che Marco era stato più bravo di lei e non era caduto nei suoi tranelli, Michela aveva chiesto al Dirigente di spostarlo e basta.

E Alberto, che aveva bisogno dell’appoggio di lei per mettere in atto le truffe che da anni perpetrava nelle scuole da lui dirette, aveva predisposta quella circolare.

Ma Marco, dopo aver subito e resistito tanto non poteva accettare questo ennesimo affronto e solo, come sempre, visto che i colleghi davanti gli davano ragione e poi facevano le spie coi capi, decise che ora di dire basta, che tutto ciò non aveva senso.

Così senza pensare alla moglie e ai figli si procurò una pistola…

Nicola se ne va: racconto del corso di scrittura

Un altro dei miei racconti per il corso di scrittura di Laura Lepri…

 NICOLA SE NE VA


“Non ci credi? – disse Nicola a sua moglie Elisa, infilando frettolosamente in valigia i primi vestiti che gli erano capitati per mano – questa volta me ne vado davvero. E’ impossibile vivere con te”.

Elisa stava lì vicino, immobile, seguiva con gli occhi i movimenti nervosi ed arrabbiati del marito ma non riusciva a pronunciare parola.

La storia tra i due, sposati da 11 anni, aveva cominciato a mostrare segni di debolezza fin da subito.

Elisa, dopo la torta nuziale, era cambiata di molto: non era più la fidanzatina premurosa ed attenta al suo ragazzo ma di colpo era diventa una donna con un ossessione maniacale per la casa e poco spazio per sentimenti ed amore.

Passavano mesi interi senza che tra loro ci si scambiasse un bacio, una tenerezza e anche a letto si correva il rischio che a lui si atrofizzasse e a lei spuntassero le ragnatele!

E dire che da fidanzati Elisa era una bomba d’Amore e poi era cambiata di colpo.

Tutta presa dalle sua casa (non solo pulizie oltre modo ma soprattutto paranoie assurde: spostamento mobili, quadri, pitturazioni!) e dai due bambini che intanto erano arrivati; ma per Nicola queste cose non potevano e non dovevano essere attenuanti: c’era anche lui in famiglia, anche lui aveva bisogno delle attenzioni della sua compagna.

Chiusa con rabbia la valigia, si diresse verso la porta, baciò sulla fronte Nicholas e Federico e scese con fretta le scale.

Fermati – gli gridò Elisa come svegliatasi dal suo torpore, e, nel tentativo di giocare un’ultima carta, gli disse – se esci dalla porta non vi entrerai più!”.

Ma Nicola era preso da un impeto di rabbia, era in un mondo tutto suo, lei avrebbe potuto dire qualsiasi cosa ma lui era esasperato, non ce la faceva più.

Le disse un ultimo ciao e si lasciò la sua casa alle spalle.

Forse non se ne stava andando davvero per sempre ma in quel momento, dopo averle provate tutte, era l’unica reazione possibile…

Rosario Rizzuto

Viaggiare con la fantasia

Tra la prima e seconda settimana, tutt’ora in corso delle lezioni di Laura Lepri al Corso di scrittura, abbiamo avuto anche i compiti per casa.

C’erano da fare due racconti.

Uno di essi era quello di descrivere un nostro viaggio; io ho fatto questo (versione originale senza le correzioni della Lepri):

 VIAGGIO A ROMA

Mi svegliai di scatto, come se ci fosse qualcosa ad aspettarmi.

Ero a Roma da un paio di giorni, ospite delle mie sorelle che, a causa del loro lavoro, non erano quasi mai in casa.

Quella mattina avevo deciso di dormire un po’ più del solito ma aperti gli occhi mi sentivo già molto pimpante ed era quasi impossibile rimanere a letto.

Una doccia veloce, una repentina colazione a base di fette biscottate con marmellata di fichi d’India portata dalla Calabria e The verde, ed eccomi già, dopo aver acquistato alle macchinette automatiche e convalidato ai varchi, alla fermata della Metro A.

Quella mattina avrei visto la zona intorno a Piazza di Spagna, Fontana di Trevi compresa.

Scesi dalla Metro ed iniziai la serie di scale mobili e corridoi che mi portarono all’uscita “Piazza di Spagna” e mi trovai nella famosa Piazza, con la sua stupenda fontana e la famosa scalinata.

Era ancora molto presto, l’aria era friccicarella, e la luce stava cominciando a farsi forte e sconfiggere il buio.

Ma a Roma non è mai troppo presto e già a quell’ora c’era tanta gente in giro, soprattutto cittadini stranieri: marocchini: donne e uomini di colore che per comodità, o per mancanza di conoscenza, definiamo tutti con il termine per antonomasia, ma anche cinesi, giapponesi, gente dell’Est.

Tutti erano presi da una frenesia senza fine: ma dove andranno? Cosa faranno?, mi chiedevo!

Nonostante la penombra, provai a scattare le mie prime foto di giornata: qualche volto rubato, qualche bacio tra innamorati, mattinieri anche loro: l’aria di Roma è magica, come si fa a poltrire tra le lenzuola!?

Ma non c’erano solo i lavoranti, anche a quell’ora la Fontana della Barcaccia era circondata da turisti, alcuni erano anche seduti sulla Scalinata della Trinità dei Monti.
La fontana di Trevi. Foto dalla rete.
Scattai qualche altra foto e poi mi vidi costretto, con enorme vergogna, io, indigeno, a chiedere indicazioni, per raggiungere la Fontana di Trevi, ad un ragazzone di colore intento e tutto preso a convincere alcuni turisti tedeschi a comprare un ombrello nonostante tutto si ci poteva immaginare tranne che iniziasse a piovere.

Il ragazzo fu molto gentile e mi spiegò la serie di traverse che dovevo percorrere per raggiungere la fontana delle monetine.

Con mio enorme sforzo ci riuscii ed arrivai nei pressi della fontana più grande di Roma progettata da Nicolò Salvi.

Questa fontana, resa celebre anche dal film La Dolce Vita di Fellini nel quale Anita Ekberg dalla fontana invita Marcello Mastroianni ad entrarci anche lui, è famosa anche per la tradizione che vuole che si lanci in essa una monetina dandole le spalle, così è certo che si ritornerà a Roma in futuro.

Arrivando nei pressi e voltando l’angolo pensai di trovarmi sulla scena di un film!

Nella fontana, nonostante il freddo, un omone con una scopa spingeva le monetine verso il bordo dove un complice le raccoglieva.

Si capiva al volo che non erano gli addetti del Comune che ogni giorno là raccoglievano le monete da destinare in beneficenza.

Mi guardai attorno ma non c’era alcuna cinepresa, notai i turisti imbarazzati mentre io, incuriosito dalla scena, spostai sulla funzione cinepresa la mia fotocamera ed iniziai a riprendere.

Lo stavo facendo da pochi minuti quando il tipo addetto alla raccolta monete mi si avvicinò con aria non proprio amichevole ma nemmeno aggressiva, e mi invitò a prendere un caffè.

Devi andare via – mi disse – lasciaci lavorare in pace”.

E’ il vostro lavoro?”, provai a ribattere tra il serio ed il faceto.

Sì, se non raccogliamo le monete non si mangia, abbiamo famiglia: più beneficenza di questa!?”

Mi disse quasi per giustificarsi.

Mi lasciò il caffè pagato e tornò al suo “lavoro”.

Chi è?” chiesi al barista.

Un pazzo” fu la sua risposta.

Intanto fuori cominciò a piovere…! Rosario Rizzuto

Marco e Berto, il mio secondo racconto del corso di scrittura di Laura Lepri

Diamine sono già passati 5 giorni dala fine del primo modulo del corso di scrittura di Laura Lepri, devo mettermi a fare i racconti che ci ha dato "per casa" sennò poi non faccio in tempo.

Intanto sabato scorso ci ha riconsegnati corretti i lavori datici giovedì e che prevedevano un racconto inventato da noi ma che andava scritto prima in terza persona e poi in prima persona.

Io ho scritto i due racconti che seguono…. nei quali ogni riferimento a personaggi e luoghi esistenti è vivamente ricercato!

Marco e Berto

L’aveva fatta davvero grossa quel gran figlio di puttana questa volta. Prendersela con quel povero Cristo.

Mortificarlo, maltrattarlo, ucciderlo dentro.

“Non hai fatto un cazzo quest’anno” gli aveva detto quello strano 20 dicembre nel quale per Marco si era fermato tutto.

Non per lui, invece!

Per Berto, questo il nome del carnefice, la vita continuava alla grande tra viaggi per la scuola, diceva lui, ma lo sapevano tutti che andava a donne, e truffe in combutta con la sua segretaria, una che in materia era molto ferrata.

La chiamavano tutti “la befana” non perché fosse brutta, anzi, ma per quella onnipresente borsa che aveva sempre con sé.

Insieme erano una coppia invincibile… a delinquere.

Ma non mancava il basista, un paesanello, Pino, che per 33 denari avrebbe venduto anche la sorella; sempre pronto ad eseguire i comandi, a controllare il restante personale e a riferire.

Marco invece era un ragazzo onesto, forse un po’ chiacchierone, uno che non sopportava le ingiustizie, sempre pronto a farsi in quattro per gli altri ma che nel momento del bisogno si era reso conto di quanto vigliacchi e compiacenti possano essere anche le persone che ritenevi amici.

Una mattina Marco si presentò a scuola…

 

Berto e Marco

Non potevo fare diversamente, fondamentalmente non sono cattivo ma quel Marco stava davvero rompendo i coglioni.

Dovevo fermarlo.

Non potevo permettergli di rovinare il mio rapporto con la segretaria ricostruito, dopo i dissapori di alcuni anni fa, con tanti sacrifici, tante promesse e menzogne.

Lei, qui, mi è indispensabile: altrimenti non posso fare quello che ho in mente.

Invece, dopo che lo scorso anno era stato buono, quest’anno aveva cominciato a parlare troppo.

In questa cazzo di scuola tutti devono sapere che comando io, che sono io il padrone, che io posso “far piovere e scampare”, che tutti devono ubbidire a me, che sono io a dettare le regole che gli altri, non io, devono seguire.

Sono stato costretto.

Pensavo che bastasse il primo rimprovero per fermarlo, ma lui ha continuato a raccontare tutto a tutti.

Ma che si era messo in testa?

Ma lui lo sa chi sono io?

Ma lui lo sa chi è mio zio?

Il cardinale.

Quello che sa sempre a chi chiamare!

Con lui sono in una botte di ferro come quella volta che, nonostante decine di chiamate dei genitori, le forze dell’ordine non arrivarono mai.

“Sì pronto, sono il dirigente Berto. Chi è? Il Vaticano? Oddio! Che è successo? E’ morto lo zio?”…

Va in archivio il primo modulo del corso di scrittura di Laura Lepri. Arrivederci ad ottobre

Alcuni dei corsisti del corso di scrittura di Laura Lepri, con Laura Lepri e Mario Baudino. Foto Rosario Rizzuto
E’ terminata sabato la prima settimana del corso di scrittura creativa organizzato dalla Provincia di Crotone e tenuto, nella Sala Azzurra dell’ente intermedio, dall’editor milanese Laura Lepri.

Sei giorni intensi iniziati lunedì 10 settembre, giornata nella quale considerato il numero degli iscritti e verificato che gli allievi, che avevano frequentato lo scorso anno la prima edizione del corso, erano meno di dieci, si è deciso di fare seguire sia ad essi che ai nuovi iscritti la medesima lezione.

D’altra parte l’argomento di quest’anno ha come filo conduttore il rapporto tra scrittura e giornalismo ed è quindi diverso da quello trattato nella precedente edizione, ed infatti anche per i “vecchi” allievi le lezioni appaiono interessanti e nuove.
Laura Lepri (con la maglia rossa) con una corsista. Foto Rosario Rizzuto.
Laura Lepri è sempre molta attenta alle esigenze dei corsisti e precisa nelle spiegazioni. Interessanti anche i lavori preparati dagli allievi in base alle indicazione dell’editor milanese capace anche di dare “i compiti per le vacanze”, infatti nelle prossime due settimane, entro fine settembre, in vista del nuovo ciclo di lezioni che inizierà l’8 ottobre, gli allevi dovranno preparare due lavori. Tanti quanti ne sono stati realizzati e corretti in questi 6 giorni di corso: il primo sulla creazione di un personaggio con un nome, un destino e l’altro da sviluppare in proprio sia in prima che in terza persona.

Ma questa settimana è stata caratterizzata anche dalla presenza di due illustri ospiti; mercoledì è stata la volta del caporedattore del Corriere della Sera, Goffredo Buccino, apprezzato anche come scrittore visto che ha già pubblicato due libri e il prossimo uscirà ad inizio 2008 da Mondadori.
L'inviato culturale della Stampa di Torino Mario Baudino al corso di scrittura di Crotone. Foto Rosario Rizzuto
Sabato invece a chiudere la settimana è stato Mario Baudino, inviato culturale della Stampa di Torino anche lui scrittore ma anche poeta.

Entrambi hanno tenuto interessanti lezioni e sono stati poi bersagliati dalle domande dei corsisti, curiosi di sapere più cose possibili sull’affascinante mestiere di colui che scrive.

Appuntamento quindi ad ottobre per la seconda settimana del corso che si concluderà, con un altro ciclo di lezioni, a fine novembre.

Ci piace segnalare una cosa, tra i corsisti anche una signora che arriva da Catania, come dire c’è chi si è sobbarcato un viaggio, il pagamento dell’albergo e del corso (solo 200 euro contro gli oltre 1000 euro di quanto pagano i corsisti milanesi per le stesse ore anche se diluite in più tempo) mentre nella nostra Provincia non tutti hanno saputo apprezzare.

ROSARIO RIZZUTO

Secondo corso di scrittura: ecco il mio primo racconto

Come già detto sto frequentanto il secondo corso di scrittura organizzato dalla Provincia di Crotone e tenuto da Laura Lepri.

Il primo racconto da scrivere era incentrato su un personaggio che aveva un nome strano, che aveva a che fare con il suo destino.

Io ho scritto quello che segue già correttomi da Laura Lepri.

Ieri alle 18,50 all’improvviso se n’è uscita con un: "Dopo leggiamo il testo di Rosario che è proprio centrato ed eccellente".

Lo stesso giudizio ha lasciato scritto sul testo che poi in chiusura di lezione ha letto in aula.

I miei colleghi di corso hanno riso spero che qualche risata la facciate anche voi!

Ora scappo al corso che è tardi.

 Ecco il racconto:

VERGINE MARIA ASSUNTA IN CIELO

Ve lo posso assicurare io, non è stata facile per me la vita considerato il nome che mi ritrovo.
Certo non dovevo avere nemmeno due geni di genitori.Ma come si fa a chiamare Maria Assunta una bimba che di cognome fa Vergine!? E così, tralasciando asilo e scuole elementari, vi lascio immaginare gli sfottò dei mie compagni alle medie.
“Maria assunta ma sei vergine?”, “Vergine Maria Assunta alla lavagna” quando mi andava bene.
Qualcuno osava anche un “Ma Gesù Bambino dove lo hai lasciato?” o un più triste: “Ma San Giuseppe che fine ha fatto?”.
Ma a volte la natura si diverte con le persone, infatti essendo nata il 31 agosto, sono vergine anche come segno zodiacale.
Sì lo so già a cosa state pensando. Tipo quella volta che conobbi Giuseppe (e non ridete!!!) in discoteca (certo Vergine Maria Assunta va anche in discoteca che vi pensate) a Fatima (dite che me la vado a cercare?!) dopo un veloce approccio ci siamo appartati e sono iniziate le domande di rito ma con una doppia vergine proprio non se l’è sentita!
Ah quante ne ho passate: avevo anche pensato di cambiare cognome ma non è facile; avevo deciso per un anonimo Pedretti… Maria Assunta Pedretti, di certo con un cognome così avrei aperto una cartolibreria, ma sarebbero finiti i giochi di parole, gli scherzi, le risatine.
E poi io non c’entro niente con la Vergine Assunta; dicono che nel nome di una persona sta scritto il suo destino ma io non ho niente in comune con la mamma di Gesù!
Ma quale Assunta! Ma quale vergine!
Ma il destino può essere più atroce di quanto possiate immaginare: occhi azzurri, alto, bello… fu amore a prima vista, lì sulla terrazza a mare.
Non potrò mai dimenticare il suo sguardo, che mi diceva: “Vieni, vieni vieni” ed io in effetti sono andata incontro a lui che mi ha porto la mano dicendomi: “Piacere Santo Cielo!”

Pubblicato l'11° romanzo di Totò Audia, Raggiro e Perdono

Troppo bello e scorrevole per leggerlo una pagina alla volta (non sono un grande lettore) ma l’ultimo romanzo di Totò Audia mi ha preso molto così praticamente l’ho letto in due volte e lo consiglio a tutti.

SCANDALECi risiamo! A distanza di qualche mese dai suoi ultimi romanzi, Totò Audia, il fotografo-romanziere scandalese, sorprende con un’altra opera, un bellissimo romanzo dal titolo “Raggiro e Perdono”.
La copertina del romanzo di Totò Audia, Raggiro e Perdono.

L’undicesimo della sua intensa carriera solo per quanto i riguarda i romanzi, ai quali bisogna aggiungere due opere video, una biografia e una raccolta di poesie!

Un racconto bellissimo, incentrato sulla storia d’amore tra Rinuccio e Salvina, che tiene il lettore col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina così che è quasi impossibile leggerlo a più riprese.

Infatti una volta iniziata la lettura, il racconto di Audia incuriosisce, emoziona, fa immedesimare nei personaggi ed è sempre più difficile, andando avanti, riporlo senza averlo finito!

Totò Audia dedica questo suo nuovo lavoro alle nipoti: Emanuela, Anna e Lucia e così come gli altri lo ha stampato in proprio, a febbraio 2007, presso la Tipografia Maragraf di Roccabernarda.

La copertina e i disegni presenti all’interno del libro, e che rappresentano alcune scene, sono stati eseguiti dal pittore, sempre di Scandale, Nicola Santoro.

E che le opere di Audia siano importanti lo testimonia anche il fatto che un suo precedente romanzo, letto casualmente da una professoressa del Liceo Scientifico di Crotone, è stato poi richiesto in più copie allo stesso Audia affinché fosse letto da tutti gli alunni della classe e Totò non ci ha pensato due volte a regalare alla professoressa 25 copie del suo libro.

“Raggiro e Perdono”, così come tutti i romanzi di Totò, contengono un buon 40% di storie vere che poi lui romanza e raccontano, ci spiega Audia, la nostra terra, la Calabria e il crotonese in particolare.

Accanto alle storie, Audia riesce a dire cose importanti, a promuovere la nostra terra come quando fa dire ad un suo personaggio: “La bellezza della Sila è impossibile da descrivere, però bisogna saperla apprezzare, conoscerla e trattare con rispetto flora e fauna”.
Lo scrittore di Scandale Totò Audia

Totò è molto pratico della Sila è anche lì trova fonte di ispirazione, ci ha raccontato che quando va in giro per la Sila col fucile (ma solo per non dare nell’occhio) infatti lui lo usa soltanto per sparare contro la malevola processionaria, ha sempre dietro il suo taccuino sul quale prontamente appunta i lampi dell’ispirazione. E così ci è facile immaginare dove prendono vita i suoi bellissimi romanzi e le sue tante idee.

Totò uomo moderno ma molto legato alla tradizione e con idee molto chiare su alcune cose, utilizza i suoi personaggi per esprimere alcuni concetti: “… la donna, per alcuni, è solo un contenitore di piacere sessuale! Troppa sfacciataggine. Troppa volgarità!” e ancora alla domanda perché uno dei personaggi abbia studiato giurisprudenza e non lettere, Totò fa dire al suo personaggio: “Forse per aiutare la giustizia in questo mondo che sta andando sempre più alla deriva e dove il giusto è sempre fra le fauci degli ingiusti”. Più chiaro di così!

Ma come questo sono tanti i sassolini che il nostro scrittore si toglie in questo ma anche negli altri suoi lavori.

Opere che è possibile trovare nel suo studio fotografico a Scandale, opere che non hanno un prezzo di copertina, che Totò Audia regala volentieri ma, nel caso, con gioia accetta un’offerta da devolvere ad una famiglia bisognosa di Scandale.

In molti si chiedono chi gliela fa fare al nostro fotografo di spendere soldi (e aver prodotto in proprio 11 romanzi siamo quasi alla spesa per una macchina di media cilindrata) senza poi incassare un centesimo, ma Totò non si scompone, ci dice che ciò lo rende felice, realizzato e che questo è il suo vizio, infatti lui non beve, non fuma non gioca! Ad avercene di vizi così!!!

ROSARIO RIZZUTO

Non ho vinto…

Un'immagine del Premio Crotone 2006 durante l'intermezzo musicale. Foto Rosario Rizzuto
Non è che ci sperassi…, appena mi ha visto una mia collega di corso mi ha fatto: "Rosà in tuta te ne sei venuto e se vinci?"

A parte che io non ero in tuta ma con il mio solito abbigliamento, pantaloni e felpa, questo testimonia che non ci pensavo proprio alla vittoria.

Però una volta che sei lì, al Teatro Apollo, con un po’ tutti che facciamo i nostri pronostici un po’ il cuore ti comincia battere e poi lì a pochi metri c’è una delle più importanti scittrici italiane: Dacia Maraini.
Dacia Maraini il 2 marzo 2007 al Teatro Apollo di Crotone per la consegna del Premio Letterario Provincia di Crotone 2006. Foto Rosario Rizzuto
Comunque Laura Lepri, che presenta la serata ed inizia scusandosi di non essere Carmen Lasorella, dopo un po’ di trepidazione chiama i nomi dei vincitori: Luigi Monaco e Alexis Paparo (almeno ho indovinato che una sarebbe stata donna).
L'Assessore Provinciale Giuseppe Poerio con i vincitori del Corso di Scrittura 2006 Alexis Paparo e Luigi Monaco. Foto Rosario Rizzuto
I racconti vengono lette da due studentesse del Liceo Classico Pitagora e del Liceo Scientifico Filolao di Crotone, onestamente letti in modo teatrale non mi sono piaciuti tanto ma per dare un parere più giusto aspetto di leggerli quando saranno pubblicati sul Crotonese.
Laura Lepri con le due studentesse che hanno letto i racconti vincenti. Foto Rosario Rizzuto
Chiusa questa parentesi Dacia Maraini sale sul palco e parte il secondo intermezzo musicale: quale migliore occasione per filarmela visto che mio figlio Antonio e quella che non mi ascoltano, arrivati da poco, davano l’impressione di essere già scocciati.

Bocciato dalla Lepri spero almeno di essere promosso da voi: questo è il mio racconto.

 TUTTO IN UNA NOTTE, GIU’ AL PORTO

L’Amore di una sera

 

La luna piena sul porto di Crotone illumina la serata, calma, tranquilla, calda, spensierata.

In piazzetta Rino Gaetano un gruppo di ragazzi con la chitarra ricorda il cantante crotonese, scomparso il 2 giugno 1981, canticchiando le sue canzoni: “Gianna, Gianna, Gianna sosteneva tesi e illusioni; Gianna, Gianna, Gianna prometteva pareti e fiumi; Gianna, Gianna, Gianna aveva un coccodrillo e un dottore; Gianna non perdeva neanche un minuto per fare l’amore…”.

Su via Cristoforo Colombo il passeggio non conosce soste e i locali sono pieni di giovani e meno giovani. In uno di questi ci sono Francesca e Marco innamorati pazzi.

“Dai andiamo” dice Francesca a Marco.

“Dove? Siamo con la comitiva” risponde lui.

“Conosco un posticino nascosto sul porto, potremmo stare un po’ tranquilli io e te” cerca di convincerlo la ragazza.

“Fra’ non mi sembra il caso ora, e poi tra poco ti devo riaccompagnare a casa” riprende Marco.

“Stanotte voglio far tardi, e poi mio padre è fuori per lavoro, troverò una scusa per mia madre” e dicendo questo Francesca prende Marco per la mano e, salutando gli amici, lo porta fuori dal locale.

Di corsa, con Marco ormai convinto, i due fidanzatini attraversano il corso, passando per piazzetta Rino Gaetano, e si inoltrano nel porto per arrivare nel posto, visibile solo dal mare, annunciato da Francesca.

I due stavano insieme da un anno.

Entrambi di Crotone, Marco, 18 anni, è una bravo ragazzo, non bellissimo: un tipo, come si suol dire; studente all’ultimo anno del locale Liceo Scientifico Filolao, di famiglia  modesta, si sta facendo da sé.

Francesca, invece, appartiene ad una famiglia benestante e ha dovuto combattere tanto per far accettare il suo amore alla propria famiglia.

Bella, capelli lunghi e biondi e occhi luminosi, è di circa un anno più piccola del suo ragazzo e ha da pochi giorni iniziato il quarto anno al Liceo Classico Pitagora, nella sua città.

Andando verso il porto i due non possono non notare alcune cose che tutti sanno ma che, chissà perchè, nessuno fa nulla per eliminare.

Su un balcone, al primo piano di una casa, c’è Gina, in abiti succinti, tenutaria di una casa di appuntamenti, che ammicca ai passanti cercando di convincere qualcuno a salire. Gina da giovane deve essere stata una gran bella donna ma ormai tende a sfiorire. Dicono, però, che le sue ragazze, soprattutto straniere, siano giovani, carine ed esperte.

Proseguendo, quasi da morire dalla paura, Marco e Francesca si trovano davanti Alberto: “Vi serve qualcosa – dice loro – Volete un po’ di sballo: la notte è lunga ancora!”.

Alberto, più volte in carcere per reati di tutti i tipi, spaccia tranquillamente da anni sulle banchine del porto e le forze dell’ordine non riescono mai ad incastrarlo definitivamente e la fa sempre franca.

“No, grazie, siamo noi la droga, l’uno dell’altro: non abbiamo bisogno di nulla!” rispondono all’unisono i due ragazzi divincolandosi da lui e lasciandolo di stucco.

Mancano pochi metri per arrivare nell’insenatura proposta da Francesca e i due cominciano a scambiarsi tenerezze.

“Aspetta, non aver fretta” dice Francesca.

“Tutte uguali voi donne – scherza Marco – prima provocate e poi vi tirate indietro”.

“E chi ti ha detto che mi tiro indietro?” ammicca Francesca lanciando uno sguardo che è tutto un programma.

Intanto i due si siedono su un gradone di cemento.

Iniziano a baciarsi e a toccarsi; ogni tanto si fermano e parlano dei loro progetti futuri.

La luna è meravigliosa ed illumina il mare stupendamente.

Marco non resiste e prende dal suo marsupio la sua minuscola fotocamera digitale e scatta una foto alla luna e al suo riflesso.

Ma appena rivede la foto insieme con Francesca, i due hanno quasi un colpo. Nella foto, ai bordi della barriera frangiflutti, si intravede un uomo.

Alzano gli occhi ma non vedono nessuno.

Cominciano ad avere paura: Francesca si abbraccia a Marco ma qualcosa li trattiene dallo scappare e decidono di andare a vedere.

Nell’acqua, appena sotto il loro nascondiglio non più tanto segreto, c’è una piccola imbarcazione e sugli scogli di cemento sottostanti una donna e due bambini infreddoliti e pieni di paura, un po’ più sopra l’uomo che, casualmente, era stato ripreso nella foto.

L’uomo, indietreggiando per la paura, cade ma non si fa nulla; i ragazzi cercano di tranquillizzare a gesti i quattro naufraghi.

Dopo qualche minuto Francesca e Marco riescono a convincere i due adulti che possono fidarsi e li aiutano a salire nel loro “nido d’amore”.

I bimbi hanno sì e no otto e quattro anni. La grande è una femminuccia, il piccolo un maschietto.

Tutto lascia immaginare che si tratti di una famiglia, ma Marco e Francesca non riescono a spiegarsi come siano potuti arrivare lì sfuggendo a tutti i controlli e senza essere notati.

I bimbi hanno freddo, Francesca si avvicina e cerca di riscaldarli con le proprie mani.

La serata non è fredda anzi: a Settembre a Crotone è praticamente ancora estate, ma la lunga navigazione ha stremato quelle quattro persone dalla pelle scura, forse africani.

Marco e Francesca sono inteneriti dai bimbi, mentre l’uomo e la donna si abbracciano stretti; felici di aver trovato un “porto sicuro” ma timorosi sul loro futuro.

Certo è la presenza dei due bimbi e della donna a tranquillizzare i due giovani crotonesi, che, discutendo un po’ tra loro, decidono di non denunciare i quattro e di chiamare, nonostante l’ora tarda, il loro giovane parroco molto impegnato nella Caritas ed in altre iniziative.

In Marco e Francesca si vede tutto il cuore e la solidarietà della gente del Sud, gente disposta a farsi in quattro per gli altri. Certo non tutti, ma i quattro clandestini sono stati davvero fortunati!

Marco, per farli stare tranquilli, cerca di spiegare che col telefonino sta chiamando un prete e non le forze dell’ordine.

“Pronto Don Renato, sono Marco. Sono sul porto con Francesca e ci sono quattro persone che hanno bisogno di aiuto. Può venire? In quanto tempo?”.

Alla risposta affermativa del prete, che aveva detto di poter essere sul porto in circa mezz’ora, Marco continua: “Ci aspetti subito dopo piazzetta Rino Gaetano, noi saremo lì, per sicurezza, tra quaranta minuti”.

Dal loro nascondiglio alla strada indicata al parroco ci sono circa quindici minuti di cammino, quindi Marco e Francesca devono aspettare un po’ prima di incamminarsi.

Di certo non possono parlare con i loro ospiti, sempre abbracciati lì vicino, mentre i bimbi hanno cominciato a giocare con alcune pietre, così si siedono anche loro cercando di capire se stanno agendo in modo giusto.

“Ho paura – dice Francesca – se ci scoprono”.

“Tranquilla – cerca di rassicurarla Marco – non stiamo facendo nulla di male, vedrai che Don Renato troverà la giusta soluzione. D’altra parte che volevi fare? Te la saresti sentita di denunciarli?”.

Francesca fa cenno di no con la testa e gli dice: “Sei stupendo”, dandogli un bacio lunghissimo e poi abbracciandolo forte mentre l’uomo e la donna li guardano e poi li imitano.

E’ giunto il momento di muoversi; bisogna rifare la stradina, fatta per arrivare al nascondiglio, al contrario sperando di non essere notati.

I ragazzi prendono per mano i due bimbi mentre l’uomo e la donna restano un po’ dietro.

Sul porto cominciano ad arrivare alla chetichella i pescatori per andare a ritirare le reti, ma sono tutti troppo presi dalle loro cose per notare più di tanto i sei che si avviano verso la piazzetta.

Alberto sta concludendo con due clienti, discutono sul prezzo di alcune pastiglie: è facile per alcuni ragazzi rovinarsi da soli la vita.

Gina è sempre lì sul balcone, almeno una quindicina di clienti saranno passati dalle sue ragazze in questo arco di tempo. Probabilmente quasi tutti sposati, sintomo che le relazioni di coppia funzionano sempre meno.

Ma Marco e Francesca non hanno il tempo di fare questi ragionamenti, loro devono raggiungere Don Renato che sperano sia già nel posto convenuto ad aspettarli.

Arrivano in piazzetta Rino Gaetano, un amico di Marco li ferma per chiedere se hanno da accendere; Marco gli passa l’accendino e quello chiede: “Ma questi chi sono?”.

Francesca con una calma che non è da lei risponde sicura e convincente: “Ospiti della mia famiglia, domani vanno via e volevano vedere il porto di Crotone”.

Accesasi la sigaretta il ragazzo va via senza chiedere altro.

Marco stringe la mano a Francesca come per dirle: “Brava!”. Guardano i loro nuovi amici: “Tutto ok!”, fanno cenno con le dite.

Manca davvero poco alla macchina di Don Renato che però ancora loro non vedono.

“Forse avrà avuto qualche contrattempo” pensano.

Continuano a camminare quando intravedono l’inconfondibile sagoma della “Setteposti” del prete, una Mazda della Ford, che il parroco usa anche per portare i ragazzi dell’oratorio a giocare a calcio e gli vanno incontro felici che tutto sia andato bene e che per le quattro persone giunte da una terra lontana ci possa essere qualche speranza per un futuro migliore.

Don Renato è seduto al posto di guida e fa loro cenno: “Dai salite!”.

Rosario Rizzuto

Stasera la consegna del Premio Crotone a Dacia Maraini. Saranno resi noti i racconti + belli del corso di scrittura della Lepri

Giunge al termine nella serata di oggi, l’impegno intrapeso a Settembre con il Corso di Scrittura organizzato dalla Provincia di Crotone e tenuto da Laura Lepri.

Infatti stasera alle 19,00 presso il Teatro Apollo di Crotone, nell’ambito del Premio Letterario "Provincia di Crotone" 2006 assegnato alla scrittrice Dacia Maraini, saranno anche segnalati i due migliori racconti scritti da tutti noi che abbiamo partecipato al Corso di Scrittura.
Laura Lepri con i ragazzi del primo corso di scrittura della Provincia di Crotone
La serata sarà presentata dall stessa Laura Lepri e sono alquanto curioso di vedere la famosa editor in questa veste.

Sono sicuro che il mio racconto non è stato selezionato e potrei azzardare tra i due vincenti il mio amico Giacinto Carvelli e poi una donna.

A stasera l’ardua sentenza!!!

Lettera di una donna al marito

Non ci sono solo le mogli che non ascoltano, ci sono anche i mariti che non ascoltano, ho ricevuto la mail che segue da una mia amica.

Un testo scritto oltre un anno fa e da allora le cose non sono migliorate.

Francecsa, gran donna, ha tanto bisogno di essere capita e amata, da qui questo suo sfogo…

Cosa consigliereste voi a Francesca? 

30 gennaio 2006
E’ successo di nuovo… ieri sono venuta da te, col cuore in mano, con gli occhi dell’amore, le parole che scaturivano dall’anima… ENNESIMA DELUSIONE!!!!

 

Non so perché non ci capiamo, a volte penso di essere sbagliata, ma sarà vero???

 

Ho tanto bisogno di sentirmi DONNA AMATA, non moglie, non madre…

 

Vorrei innamorarmi di un uomo innamorato di me… di quella che sono dentro; ormai sono quasi sicura che non esiste o, almeno, non per me. Probabilmente non lo merito!

 

Tu sei una brava persona, mi aiuti in casa, a volte fin troppo…
Ma non è quello che voglio…

 

Non ti riconosco, non sei quello che ho incontrato 25 anni fa…
Anch’io sono cambiata ma, a tuo dire, vado bene come sono.

 

E allora perché fra me e te non c’è più nulla?
A volte mi sento trascinare lontano lontano… Perché?
Sono anni che tento di far andare aventi la nostra storia ma, ormai… credo di voler mollare.

Non ne ho più le forze e ormai anche la volontà è andata a farsi friggere.

TROPPE DELUSIONI, TROPPE VICENDE NEGATIVE.

 

E’ vero a volte il desiderio di sapere che hai un’altra è così forte… Perché? Così magari riusciresti a capire cosa e chi vuoi veramente.

Lo so, mi sono lasciata andare fisicamente, ma non mi sento desiderata, è più forte di me.

Del resto tu non fai nulla per smentirmi.

Sto soffrendo troppo!!! Francesca

  

P.S. Tieni con te questo scritto e leggilo di tanto in tanto.

Laura

A volte basta mettercisi davanti al pc e provare a scrivere che l’idea arrica, così ieri pomeriggio finalmente sono riuscito a impostare il mio terzo racconto che aveva come tema un vicino di casa.

Ne è vemuto fuori un racconto un po’ diverso dagli altri che potremmo definire comico-erotico.

Ma questo è nulla! Ieri sera durante la lezione quando ormai lo avevo consegno, ho realizzato di aver dato alla protagonista il nome di Laura come la nostra Doctor. Vi giuro sui miei figli che è stato tutto casuale (lo dico perchè un mio collega, facendo un altro racconto, aveva dato alla protagonistra volutamente il nome di Laura) e non voluto anche se forse qualcuno non ci crederà. Ma è così.

E per fortuna che all’ultimo secondo ho cambiato il primo titolo che mi era venuto (Le tette di Laura) semplicemente in Laura, ho evitato, nonostante, vi ripeto, non era mia intezione collegare la protagonista del racconto con l’editor milanese, la mia solita figura di m…. .

Questo il racconto:

Laura

 

E’ buio in un piccolo paese della Calabria.

Marco, giovane informatico in una società che vende computer,  come ogni sera, rientra a casa.

Un bacio alla moglie Filomena, una carezza al primogenito Salvatore e uno sguardo pieno di soddisfazione come per dire: “Mi è venuta proprio bene” alla piccola Valentina che si è addormentata sul divano.

La sua giornata non è ancor finita; così dopo una veloce cena, Marco si reca su in mansarda dove c’è il suo studio e da dove, a volte, completa dei lavori non chiusi in ufficio oppure si dedica ad altri lavoretti presi in proprio (costruzione e amministrazione di siti web per esempio).

Dalla “sua tana”, le cui pareti sono piene di finestre, Marco gode di una vista spettacolare.

L’oscurità della giornata, accentuata dal fatto che la pubblica illuminazione – chissà perché? – è spenta, permette di vedere ancora meglio, le luci dei paesi del circondario ed appare meraviglioso osservare, nonostante la distanza, l’illuminazione della cittadina di Crotone ed in particolare del porto.

Marco accende il computer e sta per sedersi quando la sua attenzione viene catturata da un’immagine. Fa un passo (“Mi sarò sbagliato!” dice), poi torna indietro.

E invece non si è sbagliato per niente.

A poco distanza da lui, in una casa la cui finestra sembra uno schermo del cinema dalla mansarda, e solo dalla mansarda, di Marco, la signora Laura è in atteggiamenti inequivocabili con un giovane che Marco non riesce a mettere a fuoco.

Laura è una quarantenne di bella presenza; nonostante sia laureata ha deciso di non lavorare e si occupa della casa e del suo bambino di 3 anni.

Il marito, Filippo, è un dottore dell’ospedale civile di Crotone ed infatti Marco aveva incrociato la sua inconfondibile spider rossa mentre rientrava a casa.

“Chi sarà mai quel ragazzo?” si chiede Marco.

Socchiude gli occhi come per metterlo a fuoco, ma niente; maledice il giorno (almeno due anni prima) in cui ha prestato il suo binocolo al fratello che non glielo ha mai restituito; poi gli viene in mente la sua fotocamera, che non usa da settimane, che non sarà un cannocchiale ma “avvicina” di un po’.

Laura intanto si sta spogliando, il suo sottile vestitino lo ha fatto volare verso il suo amante, che seduto su una sedia, quasi come se dovesse rispettare un patto del tipo “Guardare ma non toccare”, si gusta ansioso lo spettacolo.

Ma a parte l’ancora sconosciuto amante c’è un’altra persona che si sta godendo a loro insaputa lo show.

Scoprire chi sia la persona misteriosa è diventato secondario. Marco viene attratto dalle forme della signora (“Si fa per dire” starà pensando ora) Laura. La inquadra con la fotocamera e non resiste e prova a scattare.

“Porca puttana – impreca – le batterie scariche”.

Ormai è andato nel pallone… ritorna giù e cerca di recuperare quattro Alcaline dai giochi del figlio mentre intanto a poca distanza Laura, come emula di Kim Basinger, non ha più la sottoveste e gira, attorno al suo amante che cerca di afferrarla ma è come se fosse incollato sulla sedia, in intimo.

La digitale riparte. Marco resetta la camera in modo che non possa emettere luci, imposta, il valore Iso su 400: insomma la prepara per scattare al buio e senza flash.

Laura inizia a giocare con il gancio del reggipetto e dopo pochi attimi il so enorme seno è al vento per la gioia dei nostri giovani.

L’amante non resiste più e si alza dalla sedia ma Laura lo rimette in riga con quattro parole che però Marco non riesce a sentire né ad intuire. Dalla mansarda il giovane informatico è preso da bulimia fotografica e le tette di Laura sono “immagazzinate” sulla xD Picture card in tutte le angolazioni.

Siamo sul più bello, Marco ritorna in sé e ricorda la sua “missione”, ma all’improvviso, quasi per magia, le tende si chiudono…

 

Rosario Rizzuto

Il mio secondo racconto

Partendo da un articolo di giornale abbiamo dovuto scrivere il nostro secondo racconto nell’ambito del corso di scrittura creativa. Questo è il mio:

Orrore in casa Sartori

 “Mamma, sono a casa, nemmeno al mercato mi hanno preso… hanno detto che sono lento…”.

“Mamma ci sei? Perché non rispondi?”.

Mirko Sartori sta rientrando a casa in una giornata autunnale dopo il suo ennesimo tentativo di non trovare lavoro: troppo comodo vivere sulle spalle della madre!

Non ricevendo risposta, Mirko inizia a cercare la madre nel piccolo appartamento preso in fitto e la trova distesa sul letto.

Prova a chiamarla, l’accarezza, la bacia, cerca di scrollarla finchè non si rassegna. Mamma Anna è morta!

Il buon senso avrebbe voluto che Mirko chiamasse i soccorsi o almeno le forze dell’ordine ma lui no.

Si siede vicino alla madre… piange, le parla. Capisce che non può vivere senza di lei e vorrebbe uccidersi. Ci prova, una, due volte, ma non ci riesce. Forse non ne ha veramente il coraggio.

Ma non vuole staccarsi dalla madre, la vuole vicino a sé o forse vuole solo far credere agli altri che la signora Pelloni è ancora viva così da continuarne ad intascare la pensione.

Così decide di “conservarla” nell’armadio al piano superiore sigillandolo col silicone, sbarrando le finestre: creando quasi una specie di santuario.

La vita riprende per Mirko, fa qualche lavoretto saltuario, intasca puntualmente la pensione della madre; ogni tanto è preso dallo sconforto, vorrebbe farla finita ma, come lascerà scritto lui stesso, Gesù, più volte lo salva.

Ad Orsara Bormida, un paesino in provincia di Alessandria, Mirko, nonostante ci abiti da qualche anno, è poco conosciuto così come non lo era la madre; pochissimi contatti con il resto del mondo: col proprietario della casa, con qualche ambulante, ma niente di più; la loro casa era un po’ isolata quindi non c’era pericolo di vicini impiccioni.

Alcuni mesi dopo la morte della signora Anna: “Buongiorno signor Mirko ero passato per ritirare l’affitto – dice il padrone di casa incrociando il giovane sulla strada – c’è sua madre?”

“Sì – risponde il giovane – però è a letto perché non si sente bene, ma non si preoccupi me ne occupo io” e gli dà quanto pattuito.

Quello si allontana e il Sartori si tranquillizza: per questa volta è andata!

I giorni passano, Mirko cerca di trascorrere alla meno peggio le sue giornate da disoccupato, si ingegna sulla sua Punto rossa.

Una mattina, però, il cric cede e lui rimane schiacciato.

Lo trova, alcuni giorni dopo, il padrone dell’appartamento preoccupato che Sartori non rispondesse da qualche giorno al telefono.

Arrivano le forze dell’ordine, entrambi le scene che si trovano davanti sono raccapriccianti: lui morto sotto la macchina, la mamma ormai mummificata nell’armadio.

Sui muri di casa le seguenti scritte: “Il 20 novembre 2002 ho trovato mia madre morta. Pur non godendo di buona salute, non potevo presagire un evento simile. Vidi la mamma ed ebbi il sentore che l’irreparabile era accaduto. Mia mamma giaceva supina sul letto, gli occhi vitrei fissi e insensibili a qualsiasi stimolo luminoso”.

“Gente di Orsara, perdono, pietà, misericordia per l’immenso danno che vi ho creato. Non cerco giustificazioni alla mia empietà, ma un anelito di comprensione”.

“Il mio corpo, se avrò la debolezza di abbandonarmi al Maligno, lo troverete nella mia stanza, accanto a quello della mia mamma. Ma sembra non volermi. Già due volte ho tentato il suicidio ed entrambe le volte un intervento celeste e prodigioso mi ha miracolato. Sono riuscito a respingere gli attacchi del Maligno ben 15 volte. Gesù mi ha salvato”.

“Non ho mai trovato il coraggio di riaprire le ante, accontentandomi da più di trenta mesi di visitarti e parlarti quotidianamente, magari accostando il viso e le mani come per darti un bacino o farti una carezza.”

“Al nostro funerale mettete un disco di De André, Tenco e Gaber. Oppure Il nostro concerto del compianto Umberto Bindi”.

“AIUTATEMI, AIUTATEMI, AIUTATEMI”.

Rosario Rizzuto

Quarto giorno di fila al corso di Scrittura Creativa

La terza lezione ieri al corso di scrittura creativa tenuto da Laura Lepri è andata magnificamente, impariamo nozioni e concetti basilari ed importanti se si vuole scrivere un libro ma anche solo per avvicinarsi alla scrittura ma anche alla lettura in modo diverso.

Io a volte mi trovo in difficoltà, non ho un grande passato di lettore (ci vorrebbe mia sorella Maria) e quindi se a Manzoni, e D’Annunzio (peraltro citati solo di  striscio) ci arrivo, diventa un’impresa, per me, capire chi siano Stendal o tanti altri scrittori, soprattutto Inglesi, che stiamo affrontanto in questi giorni. Ma pazienza!!!

Intanto ieri abbiamo consegnato il nostro primo racconto e poi ne abbiamo visionato due ma la signora Laura Lepri li ha corretti quasi tutti (come avrà fatto in mezz’ora!, ma per una che ha letto circa 8.000 manoscritti tutto diventa più facile), anche il mio.

Come vi dicevo ieri e come magari avrete letto, il mio racconto era un po’ infantile e/o banale, in più Laura ha corretto qualche parola, mi ha esortato ad usare un solo tempo nei verbi, cancellato qualche frase fatta (f.f.) o qualche aggettivo o avverbio inutile. E per domani nuovo racconto questa volta con trama ben definita, ossia partendo da un articolo di giornale di un fatto di cronaca che fece clamore a gennaio 2006.

Dopo le due ore con il grande Editor ("In Italia i migliori siamo io e una mia amica dell’Adelphi che sarà con noi la prossima settimana" ha detto la Lepri; quasi da scannarla – ma ci ha già pensato l’allievo, si fa per dire, Giacinto Carvelli da Petilia Policastro che ha presentato un breve testo dal titolo "Ho ucciso Laura Lepri" o giù di lì che ha divertito molto la protagonista - ma a come lo dice lei non ti fa rabbia o almeno non la fa a me) è stata la volta del giovane inglese, Frederic Whyte che ha tenuto la sua ultima lezione sulle biografie e scritti di viaggio. Questo ragazzone con la voce un po’ da Stanlio (o da Ollio, non sono i miei film preferiti) si è guadagnato la simpatia di tutti e ci ha fatto conoscere tante cose nuove come per esempio, nella rpima lezione, Crotone vista da alcuni scittori Inglesi o stranieri in genere. Grazie!!!

E oggi si continua: quarta lezione!!!

Oggi terza lezione al Corso di Scrittura Creativa della Provincia di Crotone. 1 racconto da tutti…

Ieri la seconda lezione del corso di scrittura creativa, che ha pure un titolo, ma non mi vuole entrare nella mente, forse perchè spero non sia limitato a quel titolo, ma mi inculchi in testa tutto il possibile ed immaginabile, si è svolta in modo tranquillo.

Come immaginavo la classe, ieri, si è dimezzata e la stanza Azzurra della Provincia non aveva lo stesso aspetto del giorno prima. Peccato!

Ma voglio provare ad essere fiducioso e a sperare che qualche altro allievo oggi ritorni, visto che ieri qualcuno si "è perso" tra partita della Juventus (vi ricordate: vorrà dire che vendo il biglietto!!! Sihhh!!!) e maltempo.

Per oggi inoltre dovevamo svolgere il primo compitino, scrivere un breve racconto, o una parte di esso, di due cartelle, ossia 3.600 caratteri compresi gli spazi. A me stamattina presto è venuto questo:

In vacanza a Crotone

“Dai fate presto bimbi, altrimenti facciamo tardi” disse Delfino ai figli Ludovico e Germana.

La macchina era già carica e tutta la bella famiglia Trevisan era pronta per le agognate vacanze in Calabria, a Crotone.

E’ già, nonostante fosse un legaiolo convinto, Delfino (ma che ci fa uno con un nome così ad Aosta?!) non aveva resistito al richiamo di un’alba fantastica osservata in rete sul blog di By.Ros ed aveva rinunciato alle solite due settimane di vacanze a Follonica, in Toscana, per un’intensa settimana, al Costa Tiziana Hotel, nella cittadina pitagorica.

“Sì pà, io e Ludovico siamo pronti – rispose gridando dal corridoio la piccola Germana – è mamma la solita ritardataria”.

Germana, splendidi occhi azzurri e una folta chioma biondo scuro, ma non troppo, e riccia, aveva sette anni ed era felice di andare a Crotone, nella città della compagna di banco Maria Rosaria che sicuramente avrebbe incontrato.

Ludovico, 15 anni, non vedeva l’ora di giocare a pallone sulla splendida spiaggia crotonese ma soprattutto di stare ore a mollo nell’acqua limpida.

“Dai Ada – disse Delfino alla moglie – ci siamo alzati presto per evitare il traffico, vuoi vanificare tutto?”

“Sono pronta, sono pronta, diamine” rispose Ada con tono deciso ma col sorriso sulle labbra.

Erano le 6,00 e finalmente il signor Delfino potè chiudersi dietro la porta di casa, inserire l’allarme e avviarsi alla macchina…

In tarda serata dopo circa 1.350 chilometri di viaggio e 16 ore passate tra strade e autogrill, la famiglia Trevisan arriva alla sbarra del Costa Tiziana Hotel.

E’ agosto, la prima settimana del mese estivo per antonomasia, l’hotel, uno dei più belli, caratteristici, con la sua forma circolare, e caro di Crotone, è pieno. La famiglia valdostana è abituata al caos estivo visti i trascorsi sulla costa tirrenica e quindi non si spaventa, ma qui è tutto speciale.

A cominciare dal modo di raggiungere la spiaggia privata dell’albergo. In trenino.

Già, visto che la struttura è leggermente spostata su una collinetta, gli ospiti vengono accompagnati in spiaggia con un trenino gommato; uno spasso per Germana che già il primo giorno viene raggiunta in spiaggia dall’amica Maria Rosaria e cominciano a rincorrersi sulla spiaggia e inventare tanti giochi.

Delfino, stanco dal viaggio, non c’è l’ha fatta a svegliarsi presto ed osservare la sua prima alba crotonese. Ha ancora negli occhi l’immagine trovata in modo molto casuale in rete: quei colori, quel mare limpido, quel sole.

Sole? Ma il sole non è uguale da tutte le parti?

Forse Delfino si era fatto un po’ suggestionare e quell’alba non aveva nulla di particolare rispetto anche ad un’alba di Rimini vista da ragazzo. Forse. Ma nel dubbio…

Il gran giorno è il seguente, per evitare rischi Delfino aveva regolato ben tre cellulari con sveglia ad intervalli regolari di 15 minuti, la prima alle 4,30. Ma non ce n’era bisogno, poco dopo le 4,00 Ada, coinvolta in questo “sogno” dal marito,  è gia sveglia; tocca pochi istanti dopo anche a Ludovico e Germana, anche loro curiosi di vedere, dopo tanti tramonti, il sole nascere dal mare: la loro prima alba.

Alle 5,00 papà Delfino e gli altri sono pronti; a quest’ora logicamente il trenino non c’è quindi bisogna scendere a piedi, ma la cosa appassiona tutti: respirare quell’aria fresca, osservare il mare, di un azzurro mai visto, a distanza e che si avvicina sempre di più, con il cielo che comincia a rosseggiare, lì nel punto che tra pochi minuti vedrà spuntare il primo spicchio di sole che in breve tempo sarà già bello alto.   

Quando la famiglia Trevisan arriva in spiaggia manca davvero poco perché il sole faccia capolino dall’acqua, Delfino prepara la macchina fotografica mentre Ludovico punta ad Est il suo cellulare per un filmino da far vedere ai compagni.

L’arrivo del sole è uno spettacolo ancor più bello di quanto visto in internet: un’emozione unica…!

Rosario Rizzuto

Laura Lepri (Foto Lauralepri.com)
Beh, che ne dite? Aspetto i vostri giudizi anche se quelo che mi interessa di più è quello che mi darà alla 17,35 circa la signora Laura Lepri (come vuole chiamata). Ma so bene che il racconto è infantile e di certo non diventerebbe un best-seller.

VIVI

Il testo che sto per postare lo avevo già ricevuto tempo fa ma ringrazio la mia amica Serenella per avermelo rimandato. Penso che non abbia bisogno di commenti…

C’era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e un asino.
Decisero di viaggiare, di lavorare e di conoscere il mondo.
Così partirono tutti e tre con il loro asino.
Arrivati nel primo paese, la gente commentava:
"Guardate quel ragazzo quanto è maleducato…lui sull’asino e i poveri genitori, già
anziani, che lo tirano".
Allora la moglie disse a suo marito: "Non permettiamo
che la gente parli male di nostro figlio".
Il marito lo fece scendere e salì sull’asino.
Arrivati al secondo paese, la gente mormorava:
"Guardate che svergognato quel tipo…lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre
lui vi sta comodamente in groppa". Allora, presero la decisione di far salire la moglie, mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare l’asino.
Arrivati al terzo paese, la gente commentava:
"Pover’uomo! Dopo aver lavorato tutto il giorno, lascia che la moglie salga sull’asino.
E povero figlio, chissà cosa gli spetta, con una madre del genere!".
Allora si misero  d’accordo e decisero di sedersi tutti e tre sull’asino per cominciare nuovamente
il pellegrinaggio.
Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva la gente del paese:
"Sono delle bestie, più bestie dell’asino che li porta.
Gli spaccheranno la schiena!".
Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare insieme all’asino.
ma, passando per il paese seguente, non potevano credere a ciò che le voci dicevano ridendo:
"Guarda quei tre idioti: camminano, anche se hanno un asino che potrebbe portarli!".
Conclusione: ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei.
Quindi:
vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore…ciò che vuoi…una vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali.
Quindi: canta, ridi, balla, ama…e vivi intensamente ogni momento della tua vita…prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi.

Charlie Chaplin disse che:
"Ci vuole un minuto per notare una persona speciale,
un’ora per apprezzarla,
un giorno per volerle bene,
ma poi tutta una vita per dimenticarla".

Spedisci, se vuoi,  questa frase alle persone che non dimenticherai mai …
E’ un piccolo messaggio per far loro sapere che non li dimenticherai mai.
Se non la spedisci a nessuno, significa che sei di fretta e hai dimenticato i tuoi amici. Prendi il tempo di vivere..

UN AMICO E’ UN SOLE SENZA TRAMONTO! 

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Di solito mio figlio Antonio, prima elementare, è aiutato nei compiti da mia madre. Ma ieri pomeriggio mia madre non c’è e aprendo il quaderno leggo: “Inventa una fiaba o una poesia”. Oddio in prima già questi compiti difficili, penso; ho la tentazione a dirgli: “ La farai stasera quando rientra la nonna”. Ho una specie di paura, al primo impatto, quando si tratta di compiti di scuola siano essi di prima elementare o di scuola superiore. Reminiscenze dello Scientifico. Ma lui non si scompone e lo vedo che pensa e comincia a raccontarmi una storia mentre io distratto continuo a leggere il Crotonese. Poi inizia a scrivere…..

 

Il bambino Toni perso nel bosco

C’era una volta un bambino che si chiamava Toni e andava a prendere la frutta a suo padre. Un giorno di sole incontrò una volpe e gli disse la volpe: “Bambino come ti chiami?”. “Mi chiamo Toni”. “Toni dove stai andando?” pronunziò la volpe; “Sto andando a prendere la frutta a mio padre”. “Io conosco un posto dove ci sono tanti frutti”. Così Toni ci credette e andarono via insieme. Arrivarono in un posto e gli disse la volpe: “Qua devi mettere dei soldi e poi cresceranno delle piante”. Il papà gli aveva dato dei soldi per comprarsi un gelato ma lui li usò per fare nascere quelle piante. “Li ho messi i soldi sotto la terra” disse Toni tutto contento. “Adesso vai a prendere l’acqua del fiume con questo bidone” disse la volpe al bambino.

Il bambino andò; intanto la volpe se ne scappò a gambe levate.

Un uccello si posò sulla terra; Toni aveva finito di riempire il bidone d’acqua.

Toni all’uccello disse: “Dov’è andata la volpe?” L’uccello rispose: “Se n’è andata via con i soldi”. La volpe non si faceva più vedere.

Il bambino se ne scappò a casa e disse tutto dispiaciuto al papà: “Una volpe mi ha preso i soldi”. Il papà corse per prendere i soldi che aveva dato a Toni per comprasi un gelato.

Il sole nel bosco irradiava forti raggi e faceva un caldo cane.

Mentre lui guardava a destra, la volpe vede il padre di Toni e così la volpe mangiò il papà di Toni.

Così Toni imparò che non deve credere più alle volpi; così Toni restò senza padre e la volpe visse felice e contenta che il padre di Toni non l’aveva catturata.

 Il tutto quasi di getto, con io che gli correggevo qualche “doppia”, ed in pochissimo tempo. Quattro pagine e mezze del suo quadernone; robba da lasciare di sasso la mamma: “Ma ha fatto il riassunto? Da dove ha copiato” e la nonna: “Ma hai visto Antonio? Ma da solo l’ha fatta?” e onestamente anche me che ho visto nascere dal nulla quella storiella e mi sono divertito molto quando si è incavolato perchè gli ho detto che somigliava ad un episodio della storia di Pinocchio e lui senza scomporsi: “No nella mia non c’è il gatto!!!… ecc.. ecc..”

 

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Ormai non ci posso fare nulla, il mio orologio biologico si è impostato alle 4 e a quest’ora mi alzo. Sono sicuro che nemmeno la Edwige Fenech dei bei tempi (non che ora sia male!!!) mi terrebbe a letto.

Mi devo alzare e basta.

Così stamane dopo aver visto un altro episodio di ChiPs (era fatto proprio bene questo telefilm), sono andato in giro per la campagna con due cani al seguito. Sapevo di una tracciato rurale che mi consentiva di respirare area fresca e stare a contatto con la natura ma trovato l’ingresso non sono più riuscito a trovare l’uscita.

Ma siccome sono testa dura non avevo nessuna intenzione di tornare indietro e alla fine sono riuscito ad uscire in paese anche se passando per altre proprietà.

Sono sudato, mi tolgo la maglietta.

Incontro il vecchio sacrestano (sono le 06,25) a cui chiedo che fine ha fatto quel vecchio percorso, mi conferma la mia supposizione che non c’è più, che è tutto chiuso, che hanno fatto dei lavori ecc.. Capisco .

Intanto alle 06,30 suona l’orologio di Villa Condoleo e poco dopo svoltando nel curvone che mi porta a casa vengo inondato ed inebriato da un sole già caldo.

Un’altra giornata mi aspetta, una giornata a casa…

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E ora, dopo un saluto veloce al Grande Greg nel suo lussuoso ufficio presso il Tribunale, sono nella Biblioteca/Mediateca sita nel Castello di Crotone. Mi sono recato in questa zona per passare dagli studi di TeleDiogene per sapere a che punto è il servizio su Giuseppe Povia, ma mi sa che sono tutti al lavoro in esterna; così eccomi davanti ad un pc e con la modica cifra di 1 Euro mi associo per un anno. Così potrò usare internet e prendere libri in comodato. Facile no?!!!

Da qui, poi, si gode un panorama fantastico che tra poco fotograferò e poi vi farò vedere. Volete mettere: una cosa è vedere il mare di Crotone, un’altra quello che avrei visto andando in ufficio . Dovrebbero fare una legge per avere Dsga (maschi o femmine che siano, ma meglio le seconde) almeno passabili, che ti facciano venir voglia di andare in ufficio e di lavorare. Mha!? Proporrò l’idea alla Moratti! .  CHE BELLA LA VITA, o no?

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Oddio, ma dove sono. Ah ecco, sul divano. Mi sono addormentato sul divano. Divano?! Quasi una poltrona tanto è piccolo. Mi sono appena svegliato; è da poco passata l’una e in tv c’è Lucignolo. Il tempo di riprendermi, di sgranchirmi un attimino. A Lucignolo fanno vedere una discoteca dove tutti sono in silenzio e si scrivono bigliettini su dei post it gialli. Una ragazza scrive: "Già non si trombava prima". Capita la tipa? Ma quando la incontro io una così!!!? Ma ho il dubbio che sia tutta una finta. Si riprende a ballare, x molti un sollievo. Faccio un giro su gli altri canali. Ma non giocava il Milan? Provvidenziale Televideo. 2 a 0. Sono juventino ma son contento.  Entro in Msn. Sul portatile c’è una versione vecchia, provo a fare l’aggiornamento. Ci vorrà un’ora con la mia connesione interspaziale a 28 kbs :-( . Larga banda ovunque, il progetto dell’ex ministro Gasparri era solo una chimera o ci vorranno anni….Tho mi si accende un contatto, ma chi è? Oddio Ale, dal Messico. Così x la prima volta chatto con un ragazza nell’altra parte del mondo. Mancano pochi minuti alle due e da lei sono quasi le 19,00!!! Vivo nel futuro come dice lei, dove è ancora il 26 Aprile e c’è il sole: che strano!!!. Sono sveglio come un canarino, mi sa che non dormo più, così domani sarò in coma. Che ci posso fare? Ma rientrato alle 21,30 quella che non mi ascolta era già salita a dormire. E così… come ormai da giorni…. Vabbè, come sta dicendo Abatantuono su Rete 4, LASCIAMO PERDERE, LASCIAMO PERDERE. ALE mi chiama, sto finendo l’aggiornamento di Msn. Fatto. Ora ho la versione 7. Ma mi ha perso i contatti. Li recupero presto, spero. Ribecco Ale. Arriva un amico e deve uscire (lì e prima serata). Torno solo. E ora che faccio?! Ho un’idea!!! Notte….

Pare che ci sarò anche io sul palco di piazza San Georgen il 2

Pare che ci sarò anche io sul palco di piazza San Georgen il 26 Giugno. Le prove sono andate meglio del previsto. Non sarò Povia ma non sono così stonato :-) . Intanto, tra qualche ora, Antoniuccio mio giocherà il suo primo torneo. Speriamo sia una bella giornata!

<fon

Rosario, io, sono una persone sincera, trasparente. Dico sempre quello che penso, che sento; tranne in casi in cui sono obbiettivamente impossibilitato come ieri, per esempio quando mi ha telefonato Anna Gaetano, la sorella di Rino, me ne ha dette quattro, mi ha detto che lei è padrone assoluta di Rino e di tutto ciò che lo riguarda e io le ho dato ragione. Ma a volte è necessario rimandare quello che si vuole dire ad una persona.

Ma ieri, forse, era la giornata in cui si ci era messi d’accordo per farmi arrabbiare; così, dopo Anna, ci ha pensato il vicario del mio Istituto.

Di punto in bianco, senza alcun accenno, senza parlarne con me, si presenta davanti al mio pc dicendomi che serviva al tecnico per salvare glia archivi della posta perché da ieri, per razionalizzare il lavoro (oddio che parole grosse, in una scuola dove per decenni tutti si sono fatti i cazzi loro; credo che il nostro laboratorio informatico abbia il record mondiale di scaricamento film, canzoni ecc.. con Winmx) lo scaricamento della posta passava ad una collega!

Come, dopo 2 anni 7 mesi e 14 giorni che l’ho fatto io, così di punto in bianco… Mha? All’inizio non avevo nemmeno capito bene, così per la seconda volte in pochi minuti mi son stato zitto. Ma poi ho meditato e ho fatto l’unica cosa possibile: ho chiamato la mia Ds (Dirigente Scolastico) – in quanto sapete già o lo avete intuito da quanto dico nel mio profilo con la mia Dsga (Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi (nella foto in basso quando siamo stati costretti ad indossare le maschere antigas per una sostanza buttata a scuola dagli alunni) non mi parlo – che impegnata in un convegno, ci siamo accordati per sentirci alle 17,30.  L’ho chiamata e per quasi venti minuti ho parlato solo io; le ho cantato tante di quelle cose da far rabbrividire chiunque! Lei ad esortarmi alla calma. Ma io, cari amici, sono calmissimo. Ma onestamente scaglionato. Sentite che coincidenza. Nella mia scuola dicevo, per anni si son fatti ognuno i cazzi propri. Così anche da quando ci sono io capitava che c’erano (ci sono) colleghi che riescono a far meno delle 6 ore giornaliere, che escono dall’ufficio senza chiedere il permesso e così via e che poi magari quando si dividono i soldi del fondo d’Istituto prendono anche più degli altri. Ad un certo punto non ce l’ho fatta più e ho messo il problema in evidenza. Così ora il vicario sta attuando un certo controllo. Ma sapete cose è successo pochi giorni dopo della riunione per chiarire le cose? Hanno tolto le chiamate in uscita dal telefax della mia stanza e ora stanno minacciando di togliere internet. MA CHI SE NE FREGA. Io da casa ho una flat per le urbane ed interurbane: vorrà dire che se devo fare una telefonata urgente di mattina non andrò a scuola J, semplice no? E se devo postare o collegarmi ad internet chiederò un permesso e andrò a farlo da qualche altra scuola. Ma se poi serve Google per trovare una circolare come faranno? Cazzi loro!!!! Sicuramente da qualche parte per i farsi i porci comodi loro la lasceranno una connessione, magari nel laboratorio informatico dove ci sono tanti colleghi che lavorano tutto il giorno!!!

Ma cari Amici, dopo quasi un anno e mezzo di lotte (il primo anno essendo nuovo ho preferito osservare), hanno vinto loro. Mi arrendo!!! Ho rispolverato la mia domanda di trasferimento che avevo messo da parte, e, forse, stamane la presento. E’ giusto così!

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Accompagno mio figlio al rientro pomeridiano a scuola e di fronte al Municipio noto dei camion un po’ particolari. All’inizio penso che si tratti di camion per il trasporto di cavalli; ma al ritorno noto nella cabina di guida la tabella della Rai. Parcheggio, mi avvicino e domando e così scopro che questa sera la trasmissione “Mi Manda RaiTre” condotta da Andrea Vianello effettuerà un collegamento in diretta dal mio paesello per parlare sulle truffe telefoniche. Il collegamento sarà effettuato dalla casa della famiglia Carvelli-Ierardi.

E’ quasi un evento la presenza delle telecamere Rai a Scandale; già presenti in paese alcuni anni fa per la trasmissione di Rai Uno “La vita in Diretta” quando si parlò di Scandale come il paese maledetto in seguito alle morti molto ravvicinate di giovani del paese.

Questa volta, per fortuna, si tratta di un altro tipo di collegamento anche se supponiamo che la famiglia che ospiterà la trasmissione abbia subito una truffa telefonica e che poi si sia rivolta al programma di Rai 3, quindi per loro non è  proprio una fortuna. Anche se speriamo si sia risolto tutto per il meglio.

Da segnalare, inoltre, che, di sicuro, la presenza delle telecamere Rai in paese sarà stata anche favorita dalla presenza nella redazione del programma, di una giovane redattrice scandalese, Teresa Rota, che da alcuni anni collabora con vari programmi della Rai.

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Anni fa ho iniziato a scrivere un racconto che però si è fermato alla prima pagina che posto, mi piacerebbe avere le impressioni degli amici del Blog sicuramente appassionati di scrittura! Grazie…

 

E’ una bellissima giornata estiva e su una distesa di terra, adattata a campo di calcio, un gruppo di bambini sui 10 anni sta giocando a pallone.

Fa da sfondo la diroccata Chiesa del Condoleo mentre in lontananza le montagne della Sila si ergono maestose con tutta la loro bellezza, volgendo lo sguardo dall’altra parte è possibile buttare gli occhi nel limpido Mar Jonio.

Siamo a Scandale, piccolo paese della provincia di Catanzaro (ora provincia di Crotone) nell’anno del Signore 1982.

Si sono da poco conclusi i mondiali di calcio in Spagna e l’Italia, per la terza volta, è diventata Campione del Mondo.

L’euforia in giro è tanta e nei ragazzi, nei bimbi, si è risvegliata una non mai sopita voglia di giocare a calcio, a pallone, come si dice da queste parti.

Maurizio, capo squadra per antonomasia, sta dirigendo la sua squadretta denominata “’U Biviari” contro “U Timpuni” capitanato da Enzo e sta perdendo.

A bordo campo Rosario preme per entrare in campo come gli era stato promesso.

Non è un grande calciatore, Rosario, anche perché mai nessuno gli ha spiegato i fondamentali del calcio; altri tempi, ma lui ha ancora negli occhi i sei gol realizzati da Paolo Rossi e vorrebbe imitarlo ma puntualmente finisce in porta o in difesa – l’attacco non far per lui, dicono, o meglio sono sempre loro che vogliono fare i gol – o addirittura in panchina.

Ma Rosario contro gli amici del Timpone non vuole mancare, ha avuto uno screzio con Renato e vuole vendicare in campo l’offesa subita magari facendo un gol e insiste con capitan Maurizio il quale, vista la situazione disperata della sua squadra, continua a dirgli di no e quando non ne può più se ne esce con un: “Rosà tu a pallone u sa jucari”. Rosario ci resta male e senza dire una parola scappa via a casa sua che dista si e no 50 metri dal campo. Si rifugia nel seno di mamma Mimma, anche sua maestra elementare, alla quale racconta tutto e chiede vendetta…